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IL COLLEZIONISTA FOLLE
05 Ottobre 2024 - 14:27
I due dipinti a confronto
AVVERTENZE
Cari lettori, siete pronti a tuffarvi nell’ennesima avventura al limite dell’inverosimile? Oggi vi portiamo nell’universo parallelo del nostro amato Collezionista Folle, un uomo che trasforma ogni vecchio quadro in un giallo degno di Agatha Christie, ma con il pennello di Leonardo. Se pensate di sapere già tutto sull’arte rinascimentale, aspettate di sentire le ultime scoperte. Preparatevi a navigare tra premonizioni oniriche e ricerche che sembrano più uscite dal diario di un cacciatore di tesori che da un serio storico dell’arte. Il nostro protagonista, con una dose di entusiasmo che farebbe impallidire Indiana Jones, ha stavolta puntato il dito nientemeno che su Leonardo da Vinci. Sì, proprio lui. Seguendo intuizioni notturne e una certa predilezione per le gobbe nasali. Non ci credete? Immaginate la scena: il nostro eroe si avvicina a un quadro con la devozione di un detective davanti alla scena del crimine, interrogando il dipinto come se aspettasse che si mettesse a parlare. Con in mano una pila a led, che neanche Sherlock Holmes al giorno d’oggi, il collezionista si lancia in analisi chirurgiche del setto nasale del soggetto ritratto – perché, a quanto pare, tutto sta nel naso. Un’indagine meticolosa, capace di far emergere anche il minimo puntino di polvere, fino a giungere a conclusioni così audaci che persino Leonardo si toglierebbe il cappello.
Il quadro mi guardava con insistenza anche perché, attaccato al muro, non intendeva spostarsi. Fui costretto ad alzarmi dalla poltrona per avvicinarmi al personaggio dipinto. «Ma chi sei tu? Parla, dimmi il tuo nome!». Aspettai una risposta che mi venne dal cuore. L’abbigliamento mi sembrò per un attimo quello di un celebre dipinto che riproduce Pico della Mirandola. “Come non ti ricordi?” il cuore mi domandò. Mi avvicinai al dipinto con una pila ai led. La troppa luce evidenziò una pittura sporca di fuliggine, forse per molti anni esposto in una sala scaldata da un camino.
Osservai il naso del personaggio dipinto con l’appetito di un chirurgo estetico: la gobba dovuta ad una rottura del setto nasale causata da un colpo di spadone o da una forte sberla mi insospettì. «Ma pensa un po’… forse che fosse il gioco dell’oca in versione nasale, dove chi avesse tirato il dado maledetto sarebbe cascato nella casella del naso adunco e quindi costretto ad indossare un naso di carton gesso per far ridere gli altri giocatori…» pensai tra me, conoscendo questo popolare gioco risalente al 1400. Non mi diedi pace e presi dalla biblioteca un volume di Carlo Pedretti, esimio storico e luminare della vita di Leonardo Da Vinci.
In una immagine del Codice Atlantico ecco che Leonardo disegnò il volto del suo amato ragazzo di bottega, un certo Caprotti chiamato Salaì. Un bel giovane dal carattere burlone, forse anche un po’ ladruncolo secondo il Pedretti. Osservai il suo profilo e provai un brivido lungo la schiena. Il profilo di Salaì mi parve corrispondere somigliante al dipinto. Strabuzzai gli occhi quando notai che anche in un altro disegno di Leonardo, il suo profilo mostrava il naso tagliato da una linea verticale, addirittura con il segno del Tau (T) sulla guancia con un piccolo disegno di due piccole figure: un uomo ed una donna? Poco mi mancò di svenire disteso a terra, quando sfogliando un libercolo sui disegni del Codice di Leonardo, trovai il ritratto di Salaì di profilo, allineato a quello di una donna pure lei di profilo.
Il mistero mi attanagliò alla gola e decisi di bere un calice di buon Barbera Doc. Presi il mio Iphone 15 e mi misi ad indagare la tela nella zona centrale a livello del naso. Allargando le dita pollice ed indice sullo schermo, vidi l’invisibile attraverso l’ingrandimento della trama e dell’ordito della tela. Un giramento di testa forse dovuto al vino, non mi impedì di fotografare sotto la tela nera una carta color nocciola. Forse una busta? Ripresomi dallo stordimento, notai sulla carta sottostante la tela il profilo di Salaì e mi resi conto che avendo ingrandito l’immagine, in realtà sarebbe stata piccolissima, quindi un punzone! Il giorno appresso dopo una notte insonne, tornai ad indagare la porzione centrale del dipinto. Replicando lo stesso procedimento, cercai se vi fosse un secondo punzone che confermasse quello di Salaì. Caddi in ginocchio con la fronte imperlata di sudore, dopo aver notato due lettere nere: J L …una verifica sulle firme di Leonardo Da Vinci, confermò che questa fu la sua firma sui documenti notarili.
Fui preso da una eccitazione perniciosa e fui costretto a misurarmi la pressione notando una accelerazione del mio cuore come ad una partenza dal T stop della formula uno. Seguendo l’indagine sulla porzione destra della tela, notai l’impronta di una barretta sormontata da una piccola margherita: l’emblema risultante nel medaglione di Isabella d’Este sposata col Signore Gonzaga di Mantova! Una verifica su Google mi scioccò! Isabella era raffigurata con un naso gobbuto mentre Leonardo, per compiacenza, l’ebbe disegnata con un naso dal lineamento piacevole. Quindi la mia indagine amatoriale riuscì a provare l’esistenza di tre punzoni sulla carta nocciola sottostante la pittura del personaggio che, a buona memoria, avrebbe potuto essere lo spiritoso Salaì ? Non mi rimase che assumere una pastiglia di coramina e di rivolgermi ad un laboratorio di restauro ed analisi fisico chimiche che fosse accreditato dalla Soprintendenza ai Beni Culturali.
Mi ricevettero con cortese gentilezza ascoltando il mio racconto, chiedendomi se mi fossi ripreso in salute: «Caro Barbera, Lei vola di fantasia, vede volti dappertutto, magari anche nelle nuvole! Lasci fare a noi che lavoriamo da mezzo secolo su tele antiche cinquecentesche!». Dopo un eccesso di tosse, chiesi una dichiarazione dettagliata degli esami da suggeriti dal team di esperti ed un preventivo del costo che non fosse da cardiopalma. Alcuni giorni dopo ricevetti il referto: circa 10mila euro oltre annessi e diritti di deposito semestrale. Firmai l’incarico con mano tremante, non potendo smentire la mia convinta dichiarazione sulla esistenza quantomeno di due su tre punzoni. Si era a fine giugno di quest’anno e ad oggi si è provveduto alla pulizia del dipinto per potervi osservare il tratto della pennellata, l’intreccio della tela e iniziare a fare un esame RX, in attesa di scoprire se vi sia o no una busta tra la tela dipinta e quella sul retro.
Cosa potrebbe nascondere la busta se il contenuto non fosse stato già sottratto nei precedenti 500 anni? Io credo di intuirlo: forse il disegno su carta, ritratto perduto di Isabella d’Este? Guarderemo sotto il prodotto questo martedì otto ottobre, saremmo presenti in otto per scaramanzia, con il fotografo e il cine operatore, con me un avvocato per conto d’un banchiere a cui dico: Shalom!
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