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Teatro Alfieri
11 Novembre 2024 - 17:13
Gli ingredienti del balletto classico ci sono tutti: la danza sulle punte, il tutù, le musiche dei più grandi compositori. Ma c’è una cosa che rende “Il lago dei cigni” diretto e coreografato da Luciano Cannito davvero speciale, ed è l’intelligenza artificiale. Il balletto più amato e più rappresentato di sempre debutta giovedì 14 novembre sul palco del Teatro Alfieri (in replica fino al 17 novembre) nella versione “immaginata” dalla IA.
Una prima nazionale per questa produzione della Fabrizio Di Fiore Entertainment per Roma City Ballet Company che vede protagonisti i solisti e il corpo di ballo del Roma City Ballet Company e con star internazionali come Aya Okumura, principal del Balletto del Teatro Nazionale di Praga, e Dinu Tamazlacaru, principal dello StaatsBallett Berlin. Primi ballerini Manuel Paruccini e Cristiano Zaccaria. Una prima nazionale, forse, però, sarebbe meglio parlare di una prima mondiale. «È la prima volta che l’intelligenza artificiale viene utilizzata in un balletto classico» spiega Cannito, direttore artistico dei teatri Alfieri e Gioiello di Torino. Ma niente paura, il capolavoro di Cajkovskij, che con le coreografie di Marius Petipa raggiunse vette stellari - la versione di Cannito si basa su quella originale di Petipa - non ne esce snaturato. «C’è solo un pizzico di spettacolarità in più».
Quella generata dall’utilizzo dei led wall e dall’immaginazione dell’intelligenza artificiale nel disegnare i luoghi dove si svolge la storia d’amore fra il giovane principe Siegfried e Odette, creatura ultraterrena trasformata in cigno dal perfido mago Rothbart per aver rifiutato il suo amore. «Ho chiesto all’IA di ricreare il lago, il castello, il bosco, i vari ambienti a partire dalle immagini del Lago dei cigni sedimentate nelle varie culture. Il risultato è stato sorprendente.
L’IA ha creato architetture che neanche Gaudí: spettacolari, fantastiche, architetture inimmaginabili, senza tempo, che non si possono attribuire a un particolare periodo, perché vanno dalla navicella spaziale alle architetture seicentesche. È quasi come se l’intelligenza artificiale avesse un suo gusto». Ma la cosa più straordinaria è che dimostra anche di avere una sua volontà, un’idea e di non volerla cambiare. «Nel finale avrei voluto un’immagine dove ci fosse la presenza del sole - rivela il regista -, ho insistito ma non c’è stato niente da fare, ha creato un finale lunare».
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