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Primo Reggiani, "Uno, nessuno e centomila"

L'attore tv dopo aver interpretato Caravaggio porta in scena il testo di Pirandello

Primo Reggiani, "Uno, nessuno e centomila"

Il cast di "Uno, nessuno e centomila"

Figlio d'arte - il papà, Aldo Reggiani, era il famoso Dick Shelton de “La Freccia Nera” -, una carriera nel cinema e nella televisione, soprattutto nelle fiction, con “La piovra”, “La squadra”, “Il bello delle donne” e le due serie che lo hanno consacrato al successo più grande, in termini di popolarità, ovvero “Orgoglio” e “Grandi domani”, Primo Reggiani torna ora a teatro e a Torino sarà Vitangelo Moscarda in “Uno, nessuno e centomila” di Luigi Pirandello.




Lo spettacolo va in scena, nell’adattamento e per la regia di Nicasio Anselmo, al Teatro Gioiello da giovedì 30 gennaio, a domenica 2 febbraio. Con lui sul palco un altro volto noto del piccolo e grande schermo, Jane Alexander, e poi Francesca Valtorta, Enrico Ottaviano e Fabrizio Bordignon. Insieme rileggeranno quello che Pirandello definì «la sintesi perfetta di tutto ciò che ho fatto e sorgente di tutto quello che farò». Il romanzo «più amaro di tutti, profondamente umoristico, di scomposizione della vita». Un romanzo che quest’anno compie un secolo di vita. Uscì, infatti, nel dicembre del 1925 a puntate nella rivista “La Fiera Letteraria” e in volume nel 1926, e come tutte le grandi opere, a 100 anni di distanza, conserva intatta la sua modernità.

Un’altra grande prova d’attore per Reggiani, che il pubblico torinese aveva già applaudito lo scorso anno nel ruolo di Michelangelo Merisi nello spettacolo “Caravaggio - il maledetto”. Questa volta l’attore romano darà voce e volto a uno dei personaggi più complessi del mondo pirandelliano, a quel Vitangelo Moscarda, Gengé per la moglie Dida, uomo ordinario, che vive di rendita per aver ereditato dal padre la banca. Un giorno Vitangelo si accorge che il suo naso pende un po’ a destra. Una cosa di per sé di poco conto, ma in grado di causargli una crisi di identità. Sprofonderà in un vero e proprio abisso nel quale egli non sa più riconoscersi. Si rende conto che l’immagine che lui ha di se stesso non è quella che hanno gli altri.


«Prima impacciato – nelle parole di Pirandello - e prigioniero delle opinioni altrui, poi sempre più consapevole e determinato a cercare l’autenticità spirituale dell’esistenza, fino all’affrancamento finale da tutte “le rabbie del mondo». Un’opera rivoluzionaria quella del drammaturgo siciliano, soprattutto per i tempi in cui fu scritta, che tocca temi estremamente attuali come il rapporto con la natura, con una spiritualità negata dalla società e dalla convenienza, la ricerca spasmodica di se stessi. Un testo che nella sua modernità sorprende, soprattutto oggi, nell’analisi dell’istituto bancario e dell’impatto che lo stesso ha sul tessuto sociale.
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