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Dal vivo

Pupo: «Le mie donne, il gioco, la rinascita: ecco i miei primi settant'anni»

Il cantante toscano questa sera al Teatro Alfieri con “Su di noi… la nostra storia”. «Sogno di partecipare all'Eurovision.»

Pupo

Pupo, Enzo Ghinazzi, classe 1955

Quando si vuole, si può migliorare la propria vita e farne qualcosa di spettacolare”. E’ la filosofia che sta alla base dell’esistenza artistica e privata di Pupo, ovvero Enzo Ghinazzi, il cantante italiano più conosciuto all’estero, uno dei padri di un pop così leggere e folcloristico da riuscire a conquistare i mercati stranieri, quelli dell’Europa dell’Est in particolare. Toscano fino al midollo, a settembre compirà settant’anni e ne festeggerà al contempo cinquanta di una carriera che tutti hanno imparato a conoscere sulle notte delle leggerezza di brani intramontabili come “Su di noi” e “Gelato al cioccolato”. E si intitola “Su di noi… la nostra storia” il concerto con cui i torinesi lo potranno riabbracciare questa sera al Teatro Alfieri. Un appuntamento che cade a poco più di un anno dall’ultimo show sotto la Mole.


«Sì, Torino è una città che amo - racconta Pupo - l’ho frequentata tantissimo, una delle mie figlie, inoltre, vive a Cuneo».

Che spettacolo sarà?
«Sarà ricco di novità, presenterò al pubblico alcuni nuovi brani, parte del nuovo album in uscita il 4 maggio, realizzati sullo stile schlager».

Ci spieghi meglio?
«Lo schlager è un genere di musica molto pop, quasi folcloristico, la parola deriva dal tedesco e indica canzonette di successo, ballate. Io all’estero sono conosciuto soprattutto per questo».

In Russia soprattutto...
«Sì, ma non parliamo della Russia, basta polemiche e strumentalizzazioni».

Lo schlager è un po’ come la musica che abbiamo imparato a conoscere con l’Eurovision.
«Esatto, io lo seguo da sempre e sogno di parteciparvi. Preferirei l’Eurovison a Sanremo».

Ma se il suo amico Carlo Conti la chiamasse?
«Non potrei dire no, io e lui siamo come fratelli, ma io non credo di propormi».

Cinquant’anni di carriera, tra alti e bassi ma, alla fine lei ce l’ha sempre fatta.
«Sì, ho avuto periodi bui, anche legati al gioco. A venticinque anni ero miliardario e da lì non ho più capito nulla. Credevo che sarei morto giovane quindi non mi interessava spendere. Mi ha salvato la salute, sono invecchiato e ho capito che dovevo smettere».

E poi c’è l’amore...
«Esatto di mia moglie Anna e della mia amante Patricia, siamo una famiglia sola».

Chi amo di più?
«Le amo allo stesso modo e loro lo sanno. Non potrei farne a meno e guai a chi me le tocca. Geloso io? Sì, fedele mai».

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