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Vino
13 Ottobre 2025 - 06:28
Una parte della cantina
Il colpo d’occhio parlerebbe di un valore incommensurabile, quasi impossibile da stabilire e, invece, non è affatto così. La cifra esiste, eccome, e si aggira su poco meno di 7 milioni di euro. Tanto valgono i “gioielli” custoditi sedici metri sotto il Ristorante Del Cambio, in piazza Carignano, in quella che più che una cantina viene definita un vero caveau, per raggiungere il quale è necessario scendere tre ripidissime rampe di scale, cui si accede direttamente dall’interno del locale.
Un luogo unico in città, risalente al XXVII, ancora più antico di Del Cambio che proprio il 5 ottobre scorso ha festeggiato il suo 268esimo compleanno fresco di una nuova brigata guidata da chef Diego Giglio, affiancato da Francesco Rovai e dalla giovane Giorgia Mazzuferi come pastry chef.
Sotto la piazza aulica di Torino riposano in attesa di essere stappati circa 16mila diamanti preziosi per oltre 4mila etichette. «Mi ci è voluto non poco per conoscere a fondo questa meravigliosa cantina — racconta l’head sommelier, Mirko Galasso, anch’egli entrato nel nuovo staff da gennaio —. Perché essere un sommelier non è solo vendere, raccontare il vino, questa è la parte “più facile”, poi c’è la parte molto impegnativa di stoccaggio, inoltre, è necessario catalogare, tenere in ordine e fruibile una cantina, soprattutto così vasta. Ho ereditato dai miei predecessori un grande patrimonio che voglio cercare di preservare».
Un patrimonio che comprende bottiglie di altissimo prestigio quali Romanée, DRC (Domaine de la Romanée-Conti) i cui prezzi variano dall’annata e si aggirano, a seconda di questa, fra i 1.990 e 25.000 euro per il 2015, fino ai 28.500, per l’annata 1998. Tra i Barolo, il più costoso è certamente il Barolo Monfortino, Giacomo Contento, l’annata 1990 tocca i 3.800 euro, la versione Magnum, 1999, i 6.200 euro. E poi gli champagne, ecco allora il Dom Pérignon (Plenitudé) del 1992 a 5.400 euro, il Cuvée S, Salon, del 2012 a 2.600, per chiudere con il Clos du Mesnil, Krug, 1989 a 3.200 euro.
E sempre qui, sotto il cuore pulsante di Torino, i vini raccontano la storia. La bottiglia più vecchia risale addirittura al 1948. Si tratta del Marsala Florio Riserva storica Superiore. Ma ci sono anche il Barolo Riserva, Borgogno del 1961 e l’Sauternes, Château d’Yquem del 1971.
Dalla storia al contemporaneo, percorrendo i corridoi seicenteschi con pareti a botte di mattoni rossi si entra in un corto-circuito spazio-temporale, una stanza speciale, un ambiente minimalista e allo stesso tempo avvolgente, il cui protagonista assoluto è il vino. È il Tavolo della Cantina dove gli ospiti, accolti e guidati dai sommelier di Del Cambio, sperimentano il meglio dell’enologia mondiale, dai migliori vini rossi d’Italia e del mondo sino ai Garage Champagne, prodotti in non più di 100 bottiglie l’anno. Un museo la cantina del Ristorante Del Cambio che è inutile sottolineare essere unica in tutto il Torinese e che vanta solo pochissimi altri esempi in Italia: il Ristorante La Ciau del Tornavento (una stella Michelin), nel cuneese, e il tre Stelle di Firenze, Enoteca Pinchiorri.
Ma non si può, infine, parlare di Del Cambio senza citare Cavour.
«Cosa bevesse il conte Cavour non è un dato certo — spiega Galasso — tuttavia si sa che nelle sue soste al ristorante era solito godere non solo della buona cucina ma anche degli ottimi vini ed inoltre viene attributo a lui, in parte e seppur in modo trasversale, l’origine del Barolo, il re dei vini o il vino dei re, infatti, pare fosse stato proprio lui a consigliare alla Marchesa Giulia di Barolo (intorno al 1850) il noto enologo Louis Oudart a cui di fatto gli si attribuisce l’idea del Barolo secco per come lo concepiamo oggi».
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