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LA CITTA'
25 Settembre 2023 - 17:01
San Damiano Macra
Giovanni Giolitti era nato a Mondovì e fece il suo ingresso in politica nel collegio di Dronero: fu dunque un uomo della Granda, della più profonda provincia di Cuneo. Eppure Mondovì fu solo una tappa, per altro breve, della sua vita: perché il padre del futuro statista, Giovenale Giolitti, morì allorché il figlioletto aveva appena un anno. La madre, così, si spostò in via d’Angennes a Torino: via oggi intitolata al principe Amedeo di Savoia.
Il primo affaccio alla cultura avvenne grazie alla madre Enrichetta Plochiù, di origine francese, donna molto colta e intelligente. Il Cuneese rimase però nel sangue del giovane Gioanin (così lo chiamavano in famiglia): egli trascorse molti anni in valle Maira, a San Damiano Macra, ove viveva ancora il nonno materno, il quale «faceva da segretario e un po’ da factotum a tutti quasi i Comuni della vallata», annotò il futuro ministro nella sua autobiografia.
E aggiunse: «in quel paese di montagna, a quei tempi incomparabilmente più appartato che tali paesi non siano ora, io fui pure iniziato alla scuola classica. Avevo già appreso a leggere e scrivere e presso a che compiuta la mia istruzione elementare sotto la guida di mia madre; a San Damiano cominciai l’istruzione ginnasiale, unicamente impersonata in un prete che godeva di un beneficio ecclesiastico con l’obbligo di fare i primi tre anni di Ginnasio pei ragazzi paesani». Giolitti tornò poi a Torino e studiò al ginnasio San Francesco da Paola, futuro liceo Gioberti.
Va detto che Giolitti studiò per diventare avvocato: «allora a Torino c’era un foro molto rumoroso; ed io venivo mandato in Tribunale a fronteggiare gli avvocati più battaglieri, nei processi più agitati, come i processi di stampa», ricordò il ministro, evidenziando che il nonno materno era stato sostituto Procuratore Generale della Cassazione di Torino. Il rapporto di Giolitti con Torino fu sempre molto stretto: anche quando fu ministro a Roma egli tenne contatti con la città della sua gioventù, nella quale tornava regolarmente. Visitava con frequenza le botteghe e gli atelier della città, dove amava rifornirsi di vestiti e accessori.
Ancora oggi, nella cappelleria Regge di Torino, in corso Vittorio Emanuele II, si conserva un cappello che fu ordinato da Giolitti ma che egli non tornò mai a ritirare. Il suo sarto, Pietro Cavallo, aveva l’atelier in via Pietro Micca. E non mancava mai di ritirare gianduiotti e biscottini che riportava a Roma per degustarli con gusto. A Torino tornava anche per le visite mediche: il suo dottore di fiducia era il primario del Mauriziano Antonio Carle, il quale condivideva con Giolitti la propria origine nel Monregalese. Alla fine della sua vita, Giolitti fu legato in modo particolare al paese di Cavour, dove acquistò una villa che fu anche la sua ultima dimora.
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