Cerca

IL PERSONAGGIO

Ecco Sir James Hudson, l’ambasciatore inglese che fece grande l’Italia

Ecco Sir James Hudson, l’ambasciatore inglese che fece grande l’Italia

James Hudson

Lo hanno definito “più italiano degli italiani” e addirittura, secondo re Vittorio Emanuele II, era “un grande amico nostro”. Eppure, oggi nessuno o quasi ricorda James Hudson, l’ambasciatore inglese che, a suo modo, fece l’Italia. La sua è una storia molto interessante, che ebbe come suo baricentro palazzo dal Pozzo della Cisterna, sede storica della Provincia di Torino ma soprattutto antico palazzo nobiliare, appartenente alla principessa Maria Vittoria - moglie di Amedeo di Savoia, re di Spagna - e quindi appartenente al patrimonio immobiliare di Casa Savoia.


All’interno di questa antica dimora c’era l’ambasciata del Regno Unito: una sede molto “in”, anche a testimonianza della remota e solida amicizia tra il Piemonte sabaudo e la perfida Albione. Proprio qui, oggi una lapide ricorda Hudson, il quale giunse nella capitale sarda nel 1852 come ministro plenipotenziario della legazione britannica. Con il linguaggio odierno, un ambasciatore. Hudson venne accreditato a Torino, in sostituzione del vecchio ambasciatore Ralph Abercromby, e da subito applicò i dettami avuti dal governo britannico: cioè, stabilire rapporti “ottimi” con il governo sardo.

I piemontesi all’epoca erano al centro delle attenzioni internazionali e a Londra l’opinione pubblica era tutta con i patrioti di Torino. Il governo britannnico era più attento, perché certe vicinanze del governo Cavour con la Francia di Napoleone III non piacevano granché. Proprio per questo, il ruolo di Hudson fu ancora più importante: egli doveva mantenere la barra dritta, impedendo che Cavour si legasse eccessivamente a Napoleone III. Annotò Vittorio Emanuele II: “Hudson mi ha detto molte volte che gli inglesi hanno un buon concetto di me e dell’Italia; ma egli è un grande amico nostro, ed il suo giudizio può essere velato dall’amicizia”. Se dunque i rapporti tra Regno Unito e Piemonte erano buoni, con Hudson divennero ottimi.
Il ministro inglese infatti era un grande appassionato di cose italiane e dal suo carteggio apprendiamo che cercò in ogni modo di portare il governo londinese sempre più dalla parte del Piemonte e quindi dell’Italia. Con ciò, finendo addirittura per sembrare più vicino agli interessi italiani di quelli britannici.


Come era fisicamente il ministro inglese? L’ambasciatore francese Henri d’Ideville lo descrisse come alto, di bell’aspetto, uomo semplice e generoso. La generosità di Hudson era tale che tutti i poveri di Torino lo conoscevano; almeno, secondo le testimonianze dei contemporanei. Ne si lodava i talenti e l’onestà, l’integrità morale e la vasta cultura.

Fu anche un collezionista d’arte e un agente d’arte, specializzato nella “caccia” di pezzi italiani da rivendere a facoltosi inglesi. Con ciò, non dobbiamo immaginarlo come un placido inglese sorseggiatore di tè alle cinque precise. Macché: era un uomo energico, vitale, sempre in movimento e soprattutto dotato di un carattere particolarmente “vivo”, incline a sfuriate e all’uso di un linguaggio estremamente diretto e franco. Altro che “queen’s english”! Non ebbe figli, ma per molti anni si legò sentimentalmente ad una donna sposata più giovane di lui, la milanese Eugenia Vannotti.

Apriti cielo! Per la moralità vittoriana, una simile relazione non poteva essere ammessa ed, effettivamente, finito il suo mandato nel 1863 egli tornò in patria e non gli fu più assegnato un incarico diplomatico. Fu sì nominato cavaliere dell’ordine del Bagno, ma tale titolo fu forse un benservito; parallelamente, re Vittorio Emanuele gli conferì il massimo grado dell’ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, al quale però egli dovette rinunciare in quanto ministro di Sua Maestà britannica. Hudson si ritirò a vita privata, morendo nel 1885 a Strasburgo. Il suo corpo fu poi trasferito a Firenze, dove fu tumulato nel cimitero protestante.

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Logo Federazione Italiana Liberi Editori L'associazione aderisce all'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria - IAP vincolando tutti i suoi Associati al rispetto del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale e delle decisioni del Giurì e de Comitato di Controllo.