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IL PERSONAGGIO

Nino Oxilia, il poeta crepuscolare amico di Guido Gozzano

Fu un protagonista del mondo culturale della Torino d’altri tempi

Nino Oxilia, il poeta crepuscolare amico di Guido Gozzano

Il poeta crepuscolare torinese Nino Oxilia

Il suo nome non evoca oggi granché, e forse a Torino non sarebbe nemmeno ricordato se non fosse per la via a lui intitolata che da corso Vercelli confluisce in corso Giulio Cesare. Eppure fu un protagonista del mondo culturale della Torino d’altri tempi, anche se per breve periodo. Nato a Torino nel 1889, venne iscritto da genitori al ginnasio Cavour, dove fu allievo del noto professore Vincenzo Ussani, classicista che gli inculcò la passione per le lettere e per la poesia. Tuttavia, Oxilia non si segnalò per essere uno scolaro diligente. Tutt’altro: come altri giovanotti della Torino bene di allora, Gozzano in testa, si dilettava in ogni genere di scherzi goliardici, lasciando lo studio ad un immeritato secondo posto. Andava a lezioni private di matematica dall’amica Emilia Rava, della quale si invaghì perdutamente.

Tra un’equazione e l’altra, Oxilia trovava il tempo di scrivere poesie: la sua prima raccolta, del 1905, era gravida di echi dannunziani, come del resto tipico nel mondo letterario di allora. Anche Gozzano, la cui prima silloge era del 1906, non sfuggì da giovane alla regola estetica del dannunzianesimo. Entrambi i poeti divennero amici e rappresentarono un momento memorabile nella storia culturale di Torino: Gozzano e Oxilia furono i principali esponenti del crepuscolarismo, che vide Torino capofila in Italia. Per una volta, la città della Mole era in prima linea nel campo della letteratura, anche se si trattava di un gusto squisitamente locale, ironico e leggero.


Come d’altronde consono a dei ragazzi che scrivevano versi per “darsi un tono”, senza dimenticare però di essere dei giovanotti nella città più bohemienne d’Italia. Oxilia si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza, ma non ottenne mai la laurea; anche perché era più attratto dalle lezioni di storia della letteratura tenute da Arturo Graf, altro grande nome della cultura torinese di allora. Tra i banchi dell’università egli conobbe i letterati della giovane generazione: Gozzano - con l’immancabile Amalia Guglielminetti al seguito - Salvator Gotta, Carlo Chiaves, e infine Sandro Camasio, che costituì con Oxilia un sodalizio artistico che si rafforzò con il tempo.

Il breve tempo a disposizione. Entrambi legarono il loro nome alla commedia “Addio, Giovinezza”, vero simbolo della Belle Époque torinese, scritta quasi di getto. Il teatro rappresentava una frontiera per i letterati torinesi; terra di conquista, in tutti i sensi: Oxilia e Camasio erano rubacuori incalliti, e le loro avventure con le attrici del palcoscenico incoraggiarono la loro esperienza nel mondo del teatro. Erano ragazzi, tutto era loro permesso. Uscivano con le attrici e andavano al Molinari, lo storico caffè di via Santa Teresa quasi alla confluenza con via Pietro Micca. Caffè che non c’è più, perdita storica perché si trattava di un luogo carico di aneddoti, essendo sempre esistito in quel luogo un caffè fin dal Seicento (anticamente era noto come Cafè ‘d Catlin-a, il caffè di Caterina).

Si dice che proprio al Molinari il duo scrisse “Addio, Giovinezza”. Sarà vero? Di certo, l’opera ebbe un successo strepitoso, e da essa furono tratte ben quattro trasposizioni cinematografiche a distanza di pochi anni. D’altronde, la commedia richiamava i temi cari a quel mondo, il rimpianto per le cose passate, le relazioni tra studenti e sartine, la bellezza e la spensieratezza della Torino di inizio secolo. Oxilia, che era nato nel 1889, allo scoppio della Grande Guerra andò al fronte: morì sul Monte Tomba, senza aver modo di veder pubblicata la sua ultima raccolta di liriche: “Gli orti”. La sua vita si spense il 18 novembre 1917, tra le pietraie del Monte Tomba, nel pieno della Prima Guerra Mondiale. Due righe sul giornale informarono la città della scomparsa del poeta che amava la giovinezza e che morì giovane.

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