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Il concerto d'addio

Umberto Tozzi: «La mia ultima notte (rosa) per Torino»

Il cantante il 12 ottobre all'Inalpi Arena, ormai verso il sold out: «Durante la malattia ho avuto paura di non tornare più sul palco...»

Umberto Tozzi

Umberto Tozzi, torinese doc

Cinquant’anni di carriera, più di 80 milioni di dischi venduti nel mondo, oltre 2mila concerti in lungo e in largo per il pianeta possono bastare. E’ quello che pensa Umberto Tozzi che, superati i settant’anni e, avendo raggiunto ogni tipo di soddisfazione per quanto riguarda la musica, ha deciso di fermarsi. Non prima però di avere salutato il suo pubblico nel lungo tuor mondiale che si chiuderà in Australia esattamente tra un anno e che toccherà Torino, la sua città, il luogo da cui tutto ebbe origine, sabato 12 ottobre all’Inalpi Arena. Ovviamente, a un passo dal sold out per questa attesa “Ultima notte rosa” tutta da cantare attraverso una scaletta degna del migliore dei karaoke. A partire da “Ti amo”, indimenticabile brano del 1977, capace di rimanere ai vertici delle classifiche per più di sette mesi. Fino a “Gloria”, il cult reinterpretato da Laura Branigan e inserito in tante colonne sonore a partire da “The Wolf of Wall Street” di Martin Scorsese. Una playlist che tutti vorrebbero non finisse mai. E invece: ecco cosa racconta Umberto Tozzi a Torino Cronaca.

Perché ha scelto Parigi, a marzo, per annunciare l’addio?
«Nel 1982 ero a Parigi quando mi dissero che, appena tornato in Italia avrei vinto un premio molto importante, che era il Golden Globe, perché avevo venduto in cinque anni di carriera 27milioni di copie nel mondo».

Sicuro che non cambierà idea su questo ultimo tour?
«Questo è il mio programma e il mio progetto. Io sono grato al mio pubblico che mi segue in tutto il mondo e sono felice di andarli a ritrovare tutti».

E domani sarà nella sua città...
«In questo tour stiamo suonando nei posti più belli del mondo. Ed è naturale che incontrare il pubblico nella mia Torino sarà molto emozionante».

Perché ha deciso di smettere?
«E’ da molto tempo che ci penso, ho passato due anni difficili e la paura di non poter più salire sul palco è stata una delle cose più gravi che ho vissuto in quel periodo. Fortunatamente, ho superato questo momento e sono contento di essere riuscito a salirci nuovamente, lì è nata in me l’idea di concretizzare questo ultimo tour».

Si riferisce alla malattia?
«La malattia mi ha fatto riscoprire una persona migliore. Non lo so perché succeda, ma è qualcosa di meraviglioso, non bisogna perdere mai la speranza di migliorare».

Ci sarà anche un nuovo album…
«Dopo quasi nove anni realizzo una produzione di canzoni inedite che uscirà il prossimo autunno e in questo tour finalmente potrò suonare degli inediti di questa nuova produzione».

Cosa direbbe ai giovani cantanti che devono gestire il successo, il quale spesso arriva velocemente?
«Oggi la situazione dell’industria discografica è molto più pressante degli anni in cui ho cominciato, perché ci sono esigenze di mercato diverse, ma i ragazzi di oggi sono molto più preparati, vanno in televisione, sanno parlare. Noi non avevamo ancora quel modo di essere così sicuri di noi stessi: loro salgono dalla strada a Sanremo con una disinvoltura che io non avevo. Il mio consiglio è quello di continuare a sognare per superare gli ostacoli della vita. Chi fa musica ha la fortuna di poter vivere un po’ più sollevato dal pianeta terra e, strada facendo, si incontrano delle persone che ti aiutano. Io dovrei ringraziare tutte le persone che hanno collaborato con me, per esempio. Uno è Giancarlo Bigazzi, che è stata la svolta nella mia carriera, mio maestro e produttore per 17 anni. Abbiamo fatto delle cose meravigliose insieme».

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