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Televisione

Qual è il segreto del successo di "Un posto al sole"?

Dal 1996, la soap opera italiana che incanta milioni di spettatori con storie avvincenti e attualità sociale

Qual è il segreto del successo di "Un posto al sole"?

C’è un palazzo affacciato sul Golfo di Napoli dove il tempo sembra essersi fermato. No, non è un sogno né un’illusione ottica: è Palazzo Palladini, la sede fissa di "Un posto al sole", la soap opera italiana che da ben 29 anni si presenta puntuale all’appuntamento delle 20:50 su Rai3. Sempre lì, sempre alla stessa ora, come il tè delle cinque della Regina Elisabetta. Solo che, invece del tè, qui scorrono caffè, pettegolezzi e drammi sentimentali. E invece della corona, ci sono le scale condominiali, teatro di alleanze, litigi e baci rubati.

Con quasi 7.000 episodi all’attivo e una media stabile di 2 milioni di spettatori a serata, "Un posto al sole" non è solo una soap: è una religione laica, un rito collettivo, una certezza rassicurante in un mondo di streaming e cambi d’orario selvaggi.

Ma come si fa a durare quasi tre decenni senza finire nel dimenticatoio televisivo insieme ai tamagotchi e ai modem a 56k? La risposta è semplice: "Un posto al sole" ha trovato il mix perfetto tra tradizione e aggiornamento, tra vecchi amori e nuove battaglie sociali. È un po’ come la pizza: la ricetta base è sempre quella, ma puoi aggiungerci sopra quello che vuoi, purché lo impasti bene.

La soap racconta storie che si rincorrono tra drammi familiari, triangoli amorosi, ritorni di fiamma, crimini organizzati, femminicidi, omofobia, e ogni altra sfumatura della società italiana contemporanea. Il tutto condito da un’ironia sottile e una scrittura che sa quando prendersi sul serio e quando prendersi in giro.

Il cast, poi, è un capitolo a parte. Marzio Honorato, Patrizio Rispo, Alberto Rossi: nomi che per milioni di spettatori sono sinonimo di parenti acquisiti. Quegli zii che non vedi spesso, ma sai che ci sono sempre. Alcuni attori sono lì fin dal primo episodio, come i divani delle nonne: comodi, affidabili, e se provi a cambiarli ti senti in colpa.

Eppure "Un posto al sole" non si è mai fossilizzato. Nel tempo ha saputo lanciare nuovi volti (ciao Serena Autieri, ciao Serena Rossi) e attirare generazioni diverse, rinnovandosi con eleganza e senza mai perdere il suo accento partenopeo.

E mentre molte serie arrancano nel tenere il passo con i social, "Un posto al sole" è riuscita nell’impresa titanica di diventare virale anche su TikTok. La sigla – quella storica, cantata da Monica Sarnelli e Carlo Famularo – è ormai una hit tra coreografie di gruppo e parodie affettuose. I fan commentano ogni svolta narrativa, fanno meme sulle battute dei personaggi e si lanciano in pronostici degni del Fantacalcio: chi tornerà con chi? Chi lascerà chi? E soprattutto: chi si sposerà per la quarta volta?

In un mondo in cui le serie nascono e muoiono nel giro di una stagione, "Un posto al sole" è come il pane appena sfornato: profuma di casa. È quel momento di pausa nella frenesia quotidiana, un piccolo rifugio tra reality e notiziari catastrofici.

E quando la tv sembra dimenticarsi del suo ruolo di servizio pubblico, "Un posto al sole" lo ricorda ogni sera, raccontando la vita vera – con un pizzico di dramma e una spruzzata di romanticismo – da un balcone vista mare.

Perché sì, in fondo, ognuno di noi ha bisogno di un posto al sole. E Rai3 ce lo offre da 29 anni senza chiedere nulla in cambio, se non un po’ di attenzione e l’amore che si riserva alle cose belle, quelle che non passano mai di moda.

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