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Letteratura
14 Aprile 2025 - 16:15
Copertina del libro
C'è un’Italia nascosta tra le pieghe della storia. Un’Italia fatta di donne straordinarie, coraggiose, geniali, troppo spesso dimenticate o relegate al ruolo di semplici comparse. È a loro che Emanuele Ricucci dedica il suo ultimo saggio, “Rivoluzionarie - Storie di grandi donne per una grande Italia” (Edizioni Archeoares), un’opera potente, profonda, e – come l’autore stesso – fiera di andare controcorrente.
Scritto con la penna acuta e appassionata di chi conosce bene il peso delle parole e la responsabilità della memoria, il libro non si limita a raccontare sette biografie. Le illumina. Le rilegge come atti di rivoluzione in un mondo che negava alle donne persino il diritto di immaginare. Ricucci le chiama per nome: Properzia de’ Rossi, prima scultrice riconosciuta del Rinascimento; Anna Maria Luisa de’ Medici, l’ultima della dinastia medicea, senza la quale il patrimonio artistico fiorentino non sarebbe mai rimasto alla città; Marzia degli Ubaldini, figura audace e simbolica. E poi le altre, tutte da scoprire.
Ma Ricucci non scrive un semplice libro di storia. Le sue “rivoluzionarie” diventano simboli, archetipi, scintille. E mentre sfoglia i secoli, non si limita a ricostruire i fatti: li interpreta, li attraversa, li riflette. Ne nasce un racconto vibrante che parla di libertà, parità, talento, e soprattutto di una dignità femminile che non ha mai chiesto il permesso di esistere.
"Setaccia la storia come un cercatore di pepite d’oro", scrive Lucia Esposito nella prefazione – giornalista, scrittrice e capo redattrice Cultura di Libero. Con lucidità e passione, Ricucci strappa queste vite dall’oblio, ne elimina la polvere del tempo e le restituisce al lettore “levigate e lucenti”. Ogni protagonista è una rivoluzione, ogni pagina un riscatto.
Classe 1987, Emanuele Ricucci ha il talento di chi sa unire rigore storico e forza narrativa. Giornalista culturale per Libero Quotidiano, ha lavorato con figure come Vittorio Sgarbi e Marcello Veneziani, e diretto contenuti per testate di taglio culturale come Il Giornale OFF. La sua voce è affilata, ma mai cinica. E soprattutto non rinuncia a dire ciò che molti evitano: che la Storia non è neutra, e che troppo spesso è stata scritta solo al maschile.
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