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King of kings: un cartone che evangelizza senza predicare

A 27 anni da "Il Principe d'Egitto", arriva il cartone che racconta la vita di Cristo con lo stupore di un bambino

King of kings: un cartone che evangelizza senza predicare

1998. Questo è stato l'anno in cui usciva al cinema "Il Principe d'Egitto", cartone Dreamworks che sarebbe entrato nella storia della pop culture cinematografica e non solo. Un capolavoro dell'animazione che aveva fatto venir i brividi anche allo spettatore più insensibile ma di cui oggi non è discusso abbastanza. Per ben 27 anni nel cinema d'animazione non si era più visto un cartone sugli eventi biblici che avesse superato la soglia dei 218,6 milioni di dollari a livello mondiale del film Dreamworks... fino al 2025 almeno. Adesso c'è un nuovo cartone, fresco di uscita americana, che si sta facendo parlare in maniera positiva: "King of kings", diretto da Seong-ho Jang.

Il film vede nel suo cast un tripudio di stelle del cinema, basta citarne alcune come Kenneth Branagh, Uma Thurman, Oscar Isaac, Mark Hamill e Ben Kingsley per chiedersi: "perché delle celebrità dal loro calibro hanno preso parte ad un progetto come questo?". Il film è stato prodotto dalla Angel Studios, diventata per la prima volta famosa per aver collaborato alla realizzazione di un piccolo, ma giusto piccolo, progetto televisivo chiamato "The Chosen". Da allora, anche se il creatore della serie Dallas Jenkins si è poi distaccato dallo studios, la Angel ha visto una valanga di progetti, creati e indirizzati a vari target tra cui adulti, adolescenti e bambini. E poi c'è "King of kings" che è applicabile a tutti. 

Infatti, non solo il suo cast ha visto file di persone entrare in sala a vederlo, ma anche la stessa storia: il film è infatti ispirato dal libro "The Life of Our Lord" scritto, non da meno, che da Charles Dickens, attorno allo stesso periodo in cui stava scrivendo "David Copperfield". Il libro è stato dedicato ai suoi figli e aveva fatto promettere alla cognata di non farlo mai pubblicare durante la sua vita e per ben sei decenni è stato così, fino agli anni '30 del Novecento, quando suo figlio, Sir. Henry Fielding Dickens, nel suo testamento prima di morire nel '33, lo fa pubblicare in onore del padre. 

E da qui si arriva al 2025, dove "King of kings" inizia con esattamente Charles Dickens, che racconta a uno dei figli e fratello di Henry, Walter, la storia di Gesù e Walter, con la sua grande immaginazione, si vede trasportato nei 33 anni di Gesù, lo vede a Betlemme da neonato nella mangiatoia, lo vede al tempio di Gerusalemme a 12 anni fino ai suoi 30 anni mentre dà i Suoi insegnamenti alla popolazione giudea fino al Suo arresto, morte e resurrezione. 

Da questa premessa però molti potrebbero domandarsi: "perché mai dovrei andare anch'io a vederlo? È solo un altro film religioso su Gesù usato come propaganda trumpiana". La risposta è no, non è solo un altro film religioso e questo perché: gli attori che hanno preso parte sono praticamente tutti contro la politica di Trump e si sa, Hollywood è troppo orgogliosa per rinunciare ai propri valori, eppure proprio da Hollywood, con tutti i suoi contrasti e le sue contraddizioni, arriva un film che non impone, ma propone. Un film che non predica, ma racconta. “King of Kings” è questo: un’opera che riscopre il potere del Vangelo non come dottrina, ma come storia viva, capace di parlare al cuore di chi guarda, credente o no.

A sorprendere è proprio il tono: il regista sudcoreano Seong-ho Jang — al suo esordio internazionale — ha scelto un linguaggio visivo elegante, evocativo, mai invasivo. Non ci sono effetti speciali che rubano la scena, né un tono moralista che sovrasta lo spettatore: c’è la storia di Gesù, raccontata attraverso gli occhi puri di un bambino, Walter Dickens, che si ritrova a vivere in sogno l’intera vita del Nazareno.

Il fatto che una produzione così importante sia arrivata dall’Angel Studios, la stessa realtà che ha dato il via a The Chosen, non è casuale. In molti ambienti cristiani – cattolici, protestanti ed evangelici – si sente il bisogno di un’arte capace di parlare al mondo senza isolarsi dal mondo. E proprio qui “King of Kings” colma un vuoto: non è un prodotto “per cristiani”, ma un film profondamente umano, quindi profondamente cristiano.

Anche Charles Dickens, d’altronde, non era un teologo, ma uno scrittore. Eppure in quel piccolo libro dedicato ai suoi figli scrisse: “Nessuno è mai stato così buono, giusto e misericordioso come Gesù: e tu non potrai mai fare nulla di meglio nella vita che seguirLo”.

Oggi, a quasi 200 anni da quelle righe, ci pensa un cartone animato — sì, proprio un cartone — a ricordarci quanto può essere grande la potenza di una storia raccontata bene, e una verità vissuta con amore.

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