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06 Maggio 2025 - 23:25
È tornata a tremare la linea di confine più fragile dell’Asia. E con essa, il mondo trattiene il respiro. Nella notte, l’India ha lanciato una serie di attacchi missilistici contro tre città pakistane — Kotli, Bahawalpur e Muzaffarabad — nel quadro di quella che Nuova Delhi ha definito “Operazione Sindoor”. L’obiettivo ufficiale: colpire basi terroristiche legate al recente attentato di Pahalgam, in Kashmir, in cui hanno perso la vita 26 persone, per lo più turisti.
Ma Islamabad non ci sta: parla di vittime civili, tra cui un bambino morto a Bahawalpur, e minaccia ritorsioni. "Risponderemo, nel momento e nel luogo che sceglieremo", ha dichiarato il tenente generale Ahmed Sharif Chaudhry. Un monito che suona come una promessa, e che riaccende uno spettro che da decenni aleggia sull’intero subcontinente: quello della guerra tra due potenze nucleari.
Dall’India la versione è più misurata, ma non meno determinata. "Abbiamo agito con moderazione. Nessuna struttura militare è stata colpita", ha fatto sapere il ministero della Difesa, che giustifica l’intervento come risposta calibrata all’attentato del 22 aprile, attribuito — senza prove pubbliche — a cellule operanti in territorio pakistano. La versione ufficiale parla di “azioni chirurgiche, non provocatorie”, ma i missili hanno comunque attraversato la Linea di Controllo e colpito in profondità.
A Muzaffarabad, capoluogo dell’Azad Kashmir, i residenti raccontano esplosioni notturne seguite da blackout, sirene e panico. Le forze pakistane si sono subito attivate, facendo decollare i caccia per presidiare lo spazio aereo. “I velivoli indiani non sono entrati nei nostri cieli”, ha sottolineato Chaudhry, cercando forse di contenere l’impressione di un’incursione diretta.
La linea rossa del Kashmir
Il punto caldo, come sempre, è il Kashmir: una terra contesa, sanguinante, divisa, su cui India e Pakistan combattono guerre a bassa intensità da decenni, tra scontri diretti, terrorismo, rappresaglie e diplomazia fallita. È proprio da lì che è ripartita la miccia. L’attentato di Pahalgam, ancora avvolto dal mistero, ha riaperto ferite mai guarite. E la risposta indiana rischia di diventare benzina su un fuoco che nessuno sembra più in grado di spegnere.
Nel frattempo, la diplomazia internazionale osserva in silenzio, mentre si moltiplicano gli appelli alla calma. Ma né Modi né Sharif sembrano pronti ad abbassare i toni. E il rischio è che, ancora una volta, siano i civili a pagare il prezzo più alto in una guerra che non è mai stata davvero dichiarata, ma che continua a mietere vittime e tensione.
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