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Perché leggiamo ancora Mrs Dalloway dopo 100 anni (e cosa ci dice su di noi)

Il capolavoro di Virginia Woolf compie un secolo: ecco perché è più attuale che mai tra ansia, solitudine e vita interiore

Perché leggiamo ancora Mrs Dalloway dopo 100 anni (e cosa ci dice su di noi)

Cento anni fa, Clarissa Dalloway usciva a comprare i fiori. Oggi, quel gesto – banale, quasi invisibile – ci riguarda ancora. Era il 14 maggio 1925 quando Virginia Woolf pubblicò Mrs Dalloway, e la letteratura non fu più la stessa.

Nel tempo di una sola giornata, Woolf racchiude una vita intera. Clarissa, moglie dell’onorevole Dalloway, prepara una festa. Ma sotto la superficie – le rose, le stoffe, il tè – cova un tumulto silenzioso: domande irrisolte sull’amore, sul desiderio, sull’identità.

In parallelo, c’è Septimus Warren Smith, reduce di guerra, ferito nell’anima più che nel corpo. Due vite che non si sfiorano mai, ma che si parlano nel loro dolore muto. Entrambi prigionieri di una società che pretende compostezza, che ignora la follia e la malinconia, che recita il benessere come se fosse una parte assegnata.

Woolf dà voce all’invisibile: le emozioni che ci attraversano e che spesso non sappiamo nominare. Con il suo flusso di coscienza, rivoluziona la forma e ci ricorda che i pensieri contano, anche quelli che non diciamo mai a nessuno.

A un secolo dalla sua pubblicazione, Mrs Dalloway non è invecchiato di un giorno. È un romanzo sull’apparenza e sull’interiorità, sul tempo che fugge, sul prezzo delle convenzioni. Clarissa siamo noi, quando sorridiamo mentre dentro ci frantumiamo. Quando sentiamo che “la vita è questo”, e non sappiamo se sia abbastanza.

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