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Il segreto per far crescere le piante? È lo stesso del digiuno

Un meccanismo cellulare attivo anche nell’uomo migliora le radici e aiuta contro siccità e alluvioni

Il segreto per far crescere le piante? È lo stesso del digiuno

Una scoperta sorprendente arriva dalle serre dell’Università di Copenaghen: il segreto per far crescere piante più forti e resistenti potrebbe essere un meccanismo di pulizia cellulare noto come autofagia, lo stesso che nell’uomo si attiva durante il digiuno.

Tutto parte da un’osservazione nelle radici di Arabidopsis thaliana, una pianta modello. Gli scienziati hanno seguito una proteina chiave, ARF7, che compare e scompare a intervalli regolari, legati ai picchi dell’ormone della crescita auxina. Ogni ciclo permette la formazione ordinata di nuove ramificazioni radicali, fondamentali per assorbire acqua e nutrienti.

Questo ritmo è regolato da un sistema di riciclo interno, dove la proteina NBR1 etichetta i rifiuti da smaltire. Se il processo rallenta, la proteina ARF7 si accumula, le radici perdono il ritmo e la crescita si blocca. Nei test condotti su piante geneticamente modificate, prive della funzione di autofagia, le radici erano meno ramificate e assorbivano meno acqua.

La funzione di “riordino” interno non riguarda solo Arabidopsis: è condivisa da tutte le piante da fiore. Questo apre scenari promettenti per l’agricoltura. Regolando l’autofagia o intervenendo sul tag NBR1, si potrebbero ottenere piante con radici più lunghe, capaci di esplorare il suolo più in profondità, resistere meglio a siccità e allagamenti e sfruttare in modo più efficiente acqua e fertilizzanti.

Le prime applicazioni sono già in corso in Danimarca, dove coltivazioni sperimentali mostrano che piante con autofagia modificata si riprendono più in fretta dopo piogge intense o lunghi periodi secchi. Anche batteri simbiotici sono allo studio per stimolare naturalmente questi cambiamenti.

“Più radici significa più acqua, più nutrienti e piante più sane”, riassume il professor Eleazar Rodriguez, autore principale dello studio pubblicato su EMBO Reports. “Comprendere questi meccanismi è cruciale, perché dalle piante dipendono il nostro cibo, l’ossigeno che respiriamo e l’equilibrio del clima.” Un passo in avanti, invisibile a occhio nudo, ma con profonde implicazioni.

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