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16 Giugno 2025 - 12:45
Si è spento sabato 14 giugno 2025, all’età di 83 anni, Joel Shapiro, uno degli scultori americani più influenti del secondo Novecento. A darne l’annuncio è stata la Pace Gallery di New York, che per oltre trent’anni ha rappresentato l’artista, accompagnandolo nella sua ricerca formale e concettuale. Un percorso che ha saputo ridefinire il linguaggio della scultura contemporanea, sospeso tra geometria e figura, materia e movimento.
“La precarietà dell’equilibrio esprimeva energia pura, così come Joel”, ha scritto commosso Arne Glimcher, fondatore della galleria, ricordando non solo l’artista, ma anche l’amico di lunga data.
Nato nel 1941 a New York, Joel Shapiro si è distinto sin dagli anni ’70 per un linguaggio radicalmente innovativo, che ha trasformato semplici volumi geometrici in corpi dinamici, figure traballanti e cariche di tensione. Il suo tratto distintivo? Un equilibrio sempre sul punto di rompersi, capace però di comunicare una straordinaria forza vitale. Shapiro non è stato solo artista, ma anche accademico e intellettuale riconosciuto. Membro dell’American Academy of Arts and Letters dal 1998, nel 2005 era stato insignito del titolo di Chevalier des Arts et des Lettres dal Ministero della Cultura francese, un riconoscimento riservato alle personalità che contribuiscono in modo significativo alla cultura mondiale.
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Le sue sculture, spesso in bronzo ma dall’aspetto ligneo, sembrano sfidare le leggi della fisica. Un gesto artistico che è anche una dichiarazione poetica: nella fragilità dell’equilibrio si annida la potenza dell’espressione.
Negli ultimi anni, il suo lavoro aveva assunto un tono ancora più sperimentale e istintivo, abbandonando la compostezza delle forme per inseguire il colore, il gesto, l’assemblaggio. Un’evoluzione coerente con il suo pensiero:
“L’arte è un momento di rapimento, di realizzazione”, amava dire Shapiro ha lasciato un segno profondo nella storia dell’arte internazionale. Le sue opere sono custodite nei maggiori musei del mondo, dal MoMA e dal Whitney Museum di New York al Musée d’Orsay di Parigi, dalla Tate Modern di Londra al Centre Pompidou, fino allo Stedelijk Museum di Amsterdam e al Moderna Museet di Stoccolma.
La sua scomparsa lascia un vuoto nel panorama dell’arte contemporanea, ma anche una lezione permanente: l’arte può nascere dal disequilibrio.
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