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L'invenzione che rivoluzionò l’estate
17 Giugno 2025 - 12:25
Tutto comincia per caso, in una gelida notte del 1905. Un ragazzino californiano, Frank Epperson, allora undicenne, dimentica fuori dalla finestra un bicchiere con acqua gassata e un bastoncino di legno. Al mattino trova una sorpresa: la bevanda si è ghiacciata attorno allo stecco. Incuriosito, la stacca dal bicchiere con acqua calda e l’assaggia. Nasce così il primo ghiacciolo moderno, senza che lui ne abbia ancora idea.
L’idea di consumare ghiaccio aromatizzato non è nuova: già nell’antica Roma si gustavano sorbetti a base di neve, miele e frutta, amatissimi da imperatori come Nerone e Giulio Cesare. Ma è Frank, il giovane di Oakland, a rivoluzionare il concetto trasformando un semplice esperimento in un’icona pop.
Nei primi anni, la sua invenzione prende il nome di Epsicle (unione tra “Epperson” e “icicle”, stalattite), un nome che condivide orgoglioso con amici e compagni di scuola. Ma è solo nel 1923 che decide di fare sul serio: durante un evento ad Alameda distribuisce i suoi ghiaccioli, riscuotendo successo. L’anno dopo, ne deposita il brevetto.
Il nome però cambia: sono i suoi figli a convincerlo a ribattezzarli Popsicle, più facile da ricordare e dire. Il ghiacciolo diventa un prodotto a tutti gli effetti, “igienico, comodo da consumare senza stoviglie”, come si legge nella richiesta di brevetto, dove si suggerisce anche il tipo di legno più adatto per il bastoncino: betulla, pioppo o tiglio.
La diffusione negli Stati Uniti è rapida ma non priva di ostacoli: Epperson deve affrontare contenziosi legali per difendere la sua invenzione, fino a vendere i diritti dopo il crollo di Wall Street nel 1929. “Avrei dovuto proteggere meglio il nome ‘ghiacciolo’”, dirà anni dopo, ormai in pensione.
Intanto, il Popsicle diventa un fenomeno negli USA. Solo nel 1924, ne vengono venduti oltre sei milioni.
In Italia, il ghiacciolo arriva dopo la Seconda Guerra Mondiale. La sua storia prende piede in Emilia-Romagna, cuore pulsante dell’industria alimentare del dopoguerra. Nasce con nomi diversi: Bif a Modena (dalle iniziali dei fondatori Braglia, Iori e Fornaciari), Cof a Bologna (Cavazzoni Orlando e Fratello). All’inizio è un prodotto artigianale, colato a mano negli stampi e congelato in armadi a ghiaccio secco.
Negli anni ’80 si tocca il picco: oltre 120mila ghiaccioli al giorno. Poi arriva la grande industria: Algida, Sammontana, Motta, Sanson ed Eldorado dominano il mercato. Il ghiacciolo cambia forma con l’avvento del Calippo, senza stecco, in tubo, con gusti sempre nuovi.
Oggi, nonostante la concorrenza di coni, coppette e gelati in vaschetta, il ghiacciolo resiste. Tra gennaio e settembre 2024, in Italia sono state consumate 3,3 miliardi di porzioni di gelato. E proprio lo stecco ghiacciato, colorato e fruttato, è tra i preferiti dei giovani tra i 18 e i 24 anni, soprattutto nei mesi caldi. I gusti? Sempre più audaci: lime, bubble gum, cola, mango, stracciatella. E, chissà, forse anche pistacchio.
Da esperimento di un bambino curioso a simbolo dell’estate: il ghiacciolo ha fatto molta strada. E a 120 anni, non ha nessuna intenzione di sciogliersi nel dimenticatoio.
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