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La storia
20 Giugno 2025 - 17:05
È entrato in sala alle 16:05, come indicato sul biglietto, ma ha dovuto attendere 25 minuti di pubblicità prima che iniziasse il film. Non trailer, non anticipazioni attese con curiosità, ma una raffica di spot commerciali per telefoni, auto e articoli per la casa. Così Abhishek MR, 30enne indiano, ha deciso di fare ciò che molti spettatori in tutto il mondo sognano da anni: ha portato il cinema in tribunale. E ha vinto.
L’episodio è avvenuto in una sala della catena PVR Inox, la più grande rete multisala dell’India. Abhishek ha denunciato il cinema per “tortura psicologica” e danni personali, spiegando che l’inizio ritardato della proiezione gli ha fatto perdere appuntamenti di lavoro, compromettendo la sua giornata.
Il giudice ha accolto in pieno le sue ragioni, condannando il cinema a pagare 50.000 rupie (circa 500 euro) per lo “spreco di tempo” e 5.000 rupie (circa 50 euro) per la sofferenza causata dall’esposizione forzata a messaggi pubblicitari.
La catena ha provato a difendersi, sostenendo di trasmettere spot “di interesse pubblico”, ma il tribunale ha respinto la giustificazione: “Venticinque o trenta minuti sono un tempo considerevole per starsene seduti inerti davanti a pubblicità inutili. Le persone con programmi serrati non hanno tempo da perdere”.
Il caso ha sollevato un’onda di reazioni in Asia e non solo. Anche in Italia, dove il tempo d’attesa in sala spesso si dilata ben oltre i limiti accettabili, la decisione del tribunale indiano potrebbe diventare un precedente simbolico. Non si tratta più solo di fastidio: il diritto del pubblico a non restare ostaggio delle pubblicità potrebbe finalmente trovare riconoscimento.
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