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Salute e prevenzione
14 Luglio 2025 - 22:48
La vigoressia, conosciuta anche come “complesso di Adone” o, impropriamente, “anoressia inversa”, è un disturbo psicologico che compromette la percezione dell’immagine corporea. Chi ne è affetto si vede come fisicamente fragile o poco muscoloso, anche se il suo aspetto reale è tutt’altro. Questo disagio, riconosciuto dal DSM-5 come una forma specifica di dismorfismo corporeo, tende a intensificarsi nei mesi estivi, quando cresce la pressione sociale verso la “forma perfetta” da mostrare in spiaggia.
In Italia, secondo dati dell’Istituto di Fisiologia Clinica, il disturbo colpisce oltre 60.000 persone, per lo più uomini tra i 19 e i 35 anni, con un’incidenza superiore al 10% tra i bodybuilder. Tuttavia, il numero potrebbe essere molto più elevato, considerando che spesso la diagnosi non viene mai effettuata.
Il Lilac-Centro Dca, realtà specializzata nella cura dei disturbi alimentari, sottolinea come la vigoressia non sia causata direttamente dai social media o dalle palestre, ma rappresenti il risultato di una combinazione di fattori psicologici, biologici e culturali. I social, pur non essendone la causa scatenante, contribuiscono ad amplificare la diffusione di ideali estetici irrealistici, legati alla performance fisica e al corpo iper-muscoloso.
Secondo gli esperti del centro, la vigoressia affonda le sue radici in ferite emotive profonde che minano l’autostima. Il corpo diventa uno strumento per esprimere forza, proteggersi dalla vulnerabilità o reagire a esperienze negative come bullismo, esclusione o fallimenti. In questa logica, la ricerca del muscolo perfetto diventa una forma di compensazione, un tentativo di controllo su qualcosa che non si è riusciti a dominare emotivamente.
Dal centro evidenziano inoltre che l’ideale estetico maschile si è radicalmente trasformato: fisici una volta considerati attraenti – come quello di Brad Pitt in Fight Club – oggi vengono considerati insufficienti. I contenuti social, inclusi meme e video virali, contribuiscono a deridere chi non raggiunge standard muscolari elevati, rafforzando una visione di sé come inadeguata.
Anche l’ambiente delle palestre viene descritto come uno spazio in cui si sviluppa una retorica iper-performativa e militarizzata: si spingono gli allenamenti all’estremo, si utilizza un linguaggio duro, e i corpi allenati vengono talvolta ironicamente definiti "secchi". Tutto ciò tende a normalizzare comportamenti ossessivi, spesso confusi con semplice dedizione all’allenamento, quando in realtà possono nascondere un disagio serio.
Il centro sottolinea che gli uomini colpiti da vigoressia si trovano in una situazione di doppia invisibilità: da un lato, la stigmatizzazione della salute mentale rende difficile riconoscere il proprio disagio; dall’altro, la cultura dominante associa l’ossessione per la forma fisica a disciplina, forza di volontà e virilità, anziché considerarla un sintomo di sofferenza. Le conseguenze possono includere isolamento sociale, infortuni da sovraccarico, uso di sostanze dopanti, disturbi alimentari, sintomi ansiosi e depressivi, e in casi estremi, anche pensieri suicidari.
Gli specialisti del Lilac concludono che per affrontare il problema non basta contrastare i messaggi superficiali sul corpo: è necessaria una riflessione più ampia sulla cultura del corpo maschile e un trattamento integrato, che includa psicoterapia, supporto nutrizionale, monitoraggio medico e soprattutto uno spazio sicuro dove l’individuo possa riscoprire il proprio valore oltre l’aspetto fisico. Solo così si potrà costruire una cultura più sana, capace di accogliere la vulnerabilità maschile, invece di nasconderla dietro una maschera di muscoli.
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