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Tecnologia
18 Agosto 2025 - 14:10
Oggi si scrive, si studia, si calcola, si diagnostica e perfino si pensa con l’intelligenza artificiale. ChatGPT è diventato la nuova stampella cognitiva di milioni di persone: un tempo si diceva “l’ho trovato su Google”, ora basta un “lo ha detto l’AI” per smettere di discutere. Ma davvero possiamo affidarci a occhi chiusi alle macchine linguistiche? Ecco dieci motivi concreti per cui è meglio mantenere acceso il senso critico.
Allucinazioni: lo ammette anche Sam Altman, CEO di OpenAI. Quando non sa una cosa, l’AI la inventa, generando informazioni inesistenti ma plausibili.
Errori raffinatissimi: anche il nuovo GPT-5 continua a sbagliare. Non più gaffe grossolane, ma inesattezze sottili e insidiose.
Seconda opinione, non fonte primaria: la stessa OpenAI raccomanda di usare l’AI solo come supporto, mai come strumento definitivo di ricerca o diagnosi.
Dipendenza cognitiva: cresce il numero di persone incapaci di prendere decisioni senza chiedere “prima a ChatGPT”, con effetti sull’autonomia mentale e sulla creatività.
Le allucinazioni non spariranno mai: non sono un bug eliminabile, ma parte integrante del modo in cui funzionano i modelli linguistici.
Non distingue il vero dal falso: un’informazione falsa formulata bene vale quanto una vera: conta solo la probabilità statistica.
Coerenza apparente, senso nullo: l’AI può costruire discorsi formalmente impeccabili e concettualmente vuoti, mescolando registri opposti.
Parla sempre: non contempla il silenzio, generando contenuti anche quando non ha nulla da dire. Il flusso viene scambiato per competenza.
Compiacente, non neutrale: tende ad adattarsi al punto di vista dell’utente, confermando anche le idee più discutibili.
Strumento, non cervello: è utile se si usa per potenziare il pensiero umano, dannosa se lo sostituisce.
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