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Spotify, YouTube Music e Apple: quanto ti hanno fatto pagare di più su iPhone

Scopri i rincari nascosti dell’App Store e come ottenere il rimborso per gli anni in cui hai pagato troppo per la tua musica in streaming

Spotify, YouTube Music e Apple: quanto ti hanno fatto pagare di più su iPhone

Per oltre un decennio, milioni di utenti che hanno sottoscritto un servizio di musica in streaming da iPhone potrebbero aver speso più del necessario. A sostenerlo è Altroconsumo, che ha avviato un’azione collettiva per consentire agli utenti di recuperare le somme pagate in eccesso per abbonamenti come Spotify, YouTube Music, Deezer e altri.

Il problema riguarda chi ha attivato l’abbonamento direttamente tramite l’App Store di Apple, spesso senza sapere che lo stesso servizio era disponibile a un prezzo inferiore acquistandolo dal sito ufficiale della piattaforma o da altri dispositivi.

Perché gli abbonamenti costavano di più su iOS

Alla base della differenza di prezzo non ci sono decisioni arbitrarie dei servizi di streaming, ma le regole imposte da Apple sul proprio store digitale. A partire dal 2014, l’azienda ha richiesto una commissione del 30% su tutti gli acquisti in-app relativi ai servizi musicali concorrenti di Apple Music. Dal secondo anno di abbonamento, la percentuale scendeva al 15%, ma l’impatto sui costi restava significativo.

Le piattaforme erano obbligate a utilizzare il sistema di pagamento dell’App Store e, soprattutto, non potevano informare gli utenti della possibilità di abbonarsi a un prezzo più basso al di fuori dell’app. In questo modo, chi utilizzava un iPhone non aveva strumenti per confrontare le alternative disponibili.

Apple Music, non essendo soggetta a queste commissioni, ha potuto mantenere tariffe più contenute rispetto ai concorrenti.

Prezzi gonfiati e scarsa trasparenza

Per compensare i costi imposti da Apple, molte aziende di streaming hanno aumentato il prezzo degli abbonamenti sottoscritti su iPhone e iPad. Il risultato è stato un mercato a due velocità: utenti Apple penalizzati e utenti Android o web che pagavano meno per lo stesso identico servizio.

Secondo Altroconsumo, la mancanza di trasparenza è uno degli aspetti più critici della vicenda. Gli utenti iOS non venivano messi nelle condizioni di sapere che stavano spendendo di più. Fanno eccezione alcuni casi recenti, come Spotify, che dal 2023 ha eliminato del tutto la possibilità di abbonarsi tramite App Store.

Quanto hanno pagato in più gli utenti: le stime

L’associazione dei consumatori ha ricostruito l’impatto economico delle commissioni Apple confrontando i prezzi applicati via App Store con quelli praticati su altri canali. Ecco alcuni esempi degli aumenti mensili:

  • Spotify, Deezer e YouTube Music: da 9,99 € a 12,99 €

  • YouTube Premium: da 11,99 € a 15,99 €

  • Amazon Music: da 10,99 € a 11,99 €

  • SoundCloud Go+: da 9,99 € a 12,99 €

  • Tidal e Napster: da 10,99 € a 13,99 €

Nel lungo periodo, le cifre diventano rilevanti. In media, un utente avrebbe speso circa:

  • 109 € in più per Spotify

  • 125 € per YouTube Music

  • 39 € per Amazon Music

  • 107 € per SoundCloud

  • 168 € per Tidal

  • fino a 200 € per Napster

La maxi multa dell’Unione Europea

Il comportamento di Apple è finito anche sotto la lente delle autorità europee. Il 4 marzo 2024, la Commissione Europea ha inflitto all’azienda una sanzione superiore a 1,8 miliardi di euro per abuso di posizione dominante.

Secondo Bruxelles, Apple ha limitato la concorrenza impedendo agli sviluppatori di comunicare ai consumatori l’esistenza di offerte alternative più convenienti. Un meccanismo che, di fatto, ha ostacolato scelte consapevoli e causato un danno economico diretto agli utenti.

L’azione collettiva e i rimborsi

Dopo la decisione dell’Unione Europea, Altroconsumo, insieme alla rete Euroconsumers, ha avviato una class action per ottenere il rimborso delle somme indebitamente pagate. L’obiettivo è restituire agli utenti ogni euro speso in più e riconoscere anche un risarcimento per il danno subito nel tempo.

Possono aderire all’iniziativa tutti i consumatori che, a partire dal 2013, hanno sottoscritto un abbonamento a servizi di musica in streaming su iPhone o iPad utilizzando l’App Store.

La richiesta è chiara: compensare anni di costi maggiorati sostenuti da chi non era consapevole di avere alternative più economiche fuori dall’ecosistema Apple.

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