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«Bevi un cocktail e vieni in piscina»: turista drogata e stuprata in hotel

violenza donne

Foto Depositphotos

Doveva essere una vacanza di piacere. Una tre giorni a Torino per visitarla in solitaria. Quella che, per una turista inglese, doveva essere una rilassante toccata e fuga, si è trasformata in un incubo. Una sera, prima di uscire, la donna ha chiesto alla reception dell’hotel in cui soggiornava che le venisse portato un cocktail. Quando si è presentato il cameriere in camera, la turista si è sentita dire due frasi ambigue, e, dopo avere bevuto il drink, è collassata. Sotto narcosi, sarebbe stata violentata. È la tesi della procura, che dopo un’inchiesta lunga e delicata, coordinata dalla pm Fabiola D’Errico, ha chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio dell’indagato, un torinese di 40 anni che non lavora più in quell’albergo dal giorno successivo al presunto stupro.

L’indagato, difeso dall’avvocato Maurizio Pettiti, è accusato di violenza sessuale aggravata dal fatto che alla ragazza sarebbe stata data la cosiddetta “droga dello stupro”. Incosciente, la donna avrebbe subito il reato in uno stato di “minorata difesa fisica e psichica”. «Era un rapporto consenziente e non è stato completo», si è difeso l’indagato, che nega di avere somministrato droghe.

Gli inquirenti non gli credono. Il bicchiere è sparito: forse perché, se fosse stato sequestrato, dall’analisi del liquido rimasto sarebbe stata scoperta la “droga dello stupro”? L’indagato nega. Le nuove droghe sintetiche, acquistabili su Internet con un “clic”, sono dette anche “invisibili” perché create in laboratori sintetici clandestini con molecole che rendono difficili i controlli. Si tratta di sostanze infatti non rintracciabili dalle analisi nell’organismo di chi ha le ingerite. Il bicchiere però esisteva: lo confermano le immagini delle telecamere dell’albergo – sequestrate dalla polizia – che ritraggono il receptionist col vassoio in mano mentre porta il cocktail nella stanza.

«Mi son svegliata la mattina dopo - ha raccontato la turista inglese in sede di incidente probatorio - del tutto nuda. Ma io dormo sempre in pigiama. Ho capito che qualcosa non tornava, anche perché la carta igienica in bagno non era al suo posto, era stata accartocciata e usata forse per pulire. Mi sono angosciata perché ho realizzato che dopo avere bevuto quel bicchiere ho perso la memoria. Ancora adesso non ricordo nulla».

È il novembre del 2019 quando la turista inglese sta per uscire dalla sua camera dell’hotel Best western in via Nizza. L’albergo non è mai stato coinvolto nell’indagine e anzi, ha prontamente licenziato il receptionist subito dopo avere ricevuto la denuncia della turista. È quasi sera quando la ragazza decide di bere un drink prima di uscire. «Quando è salito in camera, quell’uomo mi ha chiesto subito se avevo il costume, perché nell’hotel c’era una piscina. Lo ha detto in un modo strano. Ha aggiunto che mi avrebbe dato, senza pagare maggiorazioni, una stanza più bella di quella che io avessi. Non ci ho dato peso, ho bevuto quel cocktail». I primi riscontri di una violenza arrivano dal referto ospedaliero, che evidenzia ecchimosi nelle parti intime della donna. L’ospedale britannico dà un’ulteriore conferma: c’è anche un’infezione. La ragazza, appena si sveglia e realizza di avere subito una violenza, chiama la polizia. Gli agenti del commissariato Barriera Nizza arrivano in hotel e sequestrano lenzuola e indumenti, coordinati dalla procura. Dal test del dna emerge la presenza di sperma del cameriere sui tessuti.

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