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20 Gennaio 2022 - 08:03
Foto Depositphotos
Vent’anni di prigione, esattamente quelli richiesti dall’accusa, sono stati inflitti al pedofilo che, dietro alla sua apparenza insospettabile, sicuro di sé perché professionista stimato della “Torino bene”, stordiva bambini e li violentava, pubblicando i contenuti sui siti frequentati da maniaci come lui.
Il giudice Giacomo Marson, al termine del processo che si è svolto con rito abbreviato, ha emesso la sentenza ieri, stabilendo una pena che, per numero di anni, è equiparabile a una condanna per omicidio. La storia del libero professionista, proveniente da una famiglia conosciuta e rispettata dai colletti bianchi di Torino e provincia, ha sconvolto, per crudezza e atrocità, persino gli inquirenti più esperti nell’indagare su reati raccapriccianti come la pedo pornografia. L’imputato - che non nominiamo per proteggere non lui, ma le piccole vittime, che si spera un giorno possano dimenticare quanto subìto - pianificava tutti i dettagli dei delitti che commetteva. Si faceva affidare dai propri familiari i bambini, fingendo di essere un parente affettuoso e affidabile, e li portava nelle sue seconde case, in campagna e in montagna, per alcune ore, e a volte per alcuni giorni. Lontano da tutti, il pedofilo stordiva le sue vittime con sedativi, e le violentava, filmando se stesso e loro, e divulgando online scene impossibili da vedere.
L’uomo ha continuato a delinquere per due interminabili anni. Finché la prima denuncia non è arrivata sulla scrivania della pm Lisa Bergamasco, che ha coordinato un’indagine complicata e difficile da affrontare, anche per la non sopportabilità visiva ed emotiva dei filmati sequestrati. I video e le prove raccolti dalla postale si commentano da sé. L’uomo non aveva mai destato sospetti perché i bambini che violentava in parte erano storditi, in parte traumatizzati totalmente dalle torture che avevano subito in silenzio da una figura “di famiglia”. Le vittime erano all’inizio due, poi sarebbero salite a cinque.
Il pedofilo era stato arrestato il 12 aprile scorso dalla postale, che lo aveva scoperto lavorando sui nomi falsi e sulle tracce lasciate su Internet. La maxi inchiesta era partita da Roma. Quando era scattata la perquisizione nell’abitazione dell’imputato, gli agenti avevano scoperto oltre 300 mila file di materiale pedo pornografico, di cui novemila filmati. Molte immagini erano prodotte dal maniaco, che si filmava da solo con le piccole vittime, che avevano dai sei agli otto anni. Nelle immagini si vedevano i piccoli sottoposti a torture, come se fossero in stato di quasi incoscienza. Era emerso il sospetto che fossero narcotizzati. In casa dell’indagato erano stati trovati sedativi. È molto probabile che l’orco, un cinquantenne difeso dallo studio Zancan, li utilizzasse, per poi riprendersi (anche in volto) mentre violentava i bambini. I genitori, assistiti dall’avvocato Alberto De Sanctis, dopo l’arresto del pedofilo hanno avviato un percorso di sostegno psicologico per i figli.
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