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La truffa del “reddito”: rubati 6 milioni di euro e quasi mille denunce

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La truffa è di sei milioni di euro. Soldi rubati allo Stato attraverso auto certificazioni false presentate per ottenere il reddito di cittadinanza e 960 persone denunciateLa notizia ha dell’incredibile e a scoprire il raggiro è stata la polizia municipale diretta da Alessandro Perugini. Le indagini sono partite alcune settimane fa, quasi in sordina. I vigili avevano individuato alcuni cittadini stranieri che prelevavano con tessere PostePay i redditi di cittadinanza di altre persone. Da lì si è partiti e l’inchiesta si è sviluppata su due diversi filoni: l’incrocio di dati e i controlli amministrativi, e i classici pedinamenti, le intercettazioni telefoniche, tipiche di ogni indagine. Il risultato ha lasciato allibiti gli stessi investigatori: sono stati scoperti 960 nominativi percettori del reddito, ottenuto con false dichiarazioni. È il caso di sottolineare il termine “nominativi”, perché allo stato dei fatti, ancora non è stato accertato se essi corrispondano a persone reali o siano alias o nomi di fantasia.

Quel che di reale c’è, invece, sono le 960 tessere PostePay che sono state distribuite e che, allo stato delle indagini, sarebbero nella disponibilità di un gruppo non particolarmente numeroso di persone. Le stesse che avrebbero intascato il denaro attraverso prelievi bancomat o falsi acquisti presso un mini market a Barriera di Milano. Dei 960, 330 sarebbero cittadini romeni, gli altri: stranieri extracomunitari, di Paesi europei, ma anche molti italiani. Tutti residenti virtualmente presso “via della Casa comunale 3” che era stata istituita esclusivamente per accoglie profughi di altre nazionalità e che, invece, è si è trasformata nell’approdo sicuro per i nominativi gestiti, verosimilmente, da un sodalizio criminale. «Perché è impossibile immaginare - spiegano gli investigatori - che 960 persone, tutte insieme e contemporaneamente, abbiano avuto la stessa idea». L’ipotesi investigativa che si fa strada è che ad organizzare il raggiro gigantesco, possa essere stata un’organizzazione composta da romeni e italiani che si sarebbe servita di alcuni Caf. Ma anche qui sarebbe emersa un’altra sorpresa, tra le carte acquisite dalla Municipale, ci sarebbero sì documenti relativi ad alcuni Caf, ma che risulterebbero sconosciuti: «Semplici nomi di fantasia».

Appare ovvio, però, che una mente pensante dietro al raggiro ci sia, come accadde anni fa, sempre nell’ambito di un’operazione dei vigili su falsi permessi di soggiorno, quando venne individuato un commercialista italiano, ideatore e artefice del raggiro. A conti fatti, però, l’anello debole dell’intera catena disposta ai controlli dei documenti necessari per ottenere il reddito di cittadinanza, appare la “Casa comunale 3”, una sorta di spazio virtuale privo di regole e di verifiche, mentre gli uffici dell’Inps avrebbero provveduto all’invio delle carte PostePay a fronte di presunti controlli già avvenuti nella fase precedente della filiera burocratica. C’è poi un ultimo elemento e che riguarda le indagini incorso relative ai controlli. Gli agenti della polizia municipale stanno verificando se i truffatori abbiano potuto contare su complicità o connivenze nella pubblica amministrazione. Insomma qualcuno che in una o più occasioni abbia «chiuso un occhio», in cambio di una contropartita. Tra coloro (esistenti e in vita) che hanno fruito del reddito poi, «le 330 persone controllate - spiegano i vigili -, in gran parte appartenenti allo stesso gruppo parentale di origine romena, non sono risultate nemmeno residenti in Italia e, pertanto, si tratterebbe di reddito di cittadinanza concesso a residenti all’estero che, probabilmente, non si trovano neanche fisicamente sul territorio nazionale, lasciando ipotizzare una gestione dei fondi accentrata, appunto, su pochi soggetti».

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