Una fuga durata giorni, per sfuggire alle manette della polizia, tentando di raggiungere - è l’ipotesi - il Centro America. Video e foto nascoste nel computer con immagini terribili di una bambina di 12 anni costretta a subire atti sessuali o a mimarli. Un’inchiesta molto delicata, che riguarderebbe una rete di pedofili, nata da lontano. E infine, il sospetto più terribile: che la figlia della coppia indagata venisse usata per fare video raccapriccianti da divulgare, o scambiare, con altri pedofili nelle reti oscure del dark web.
È un caso complesso quello che ha portato, nei giorni scorsi, all’arresto di un assicuratore 56enne di Domodossola e, nei giorni successivi, a quello della madre della vittima, una donna originaria del Centro America, convivente da alcuni anni con il professionista. L’assicuratore è stato trovato in possesso, sul pc, e sul telefono, di video inequivocabili, e in alcuni si vede anche la bambina. Nei filmati non viene immortalato il patrigno, perché si vede soltanto la piccola vittima.
Ma gli inquirenti - coordinano le indagini della polizia postale le pm Barbara Badellino e Lisa Bergamasco della procura di Torino - hanno sequestrato delle chat, nei cellulari del patrigno e della madre naturale della bimba, che dimostrano che la dodicenne avrebbe subito gli “ordini” del patrigno, che l’avrebbe indotta o costretta a svolgere atti sessuali davanti alla telecamera. La madre - è la tesi dell’accusa - non solo ne sarebbe stata consapevole, ma avrebbe agevolato la perversa attività del compagno.
Gli elementi di prova raccolti finora hanno convinto il gip a emettere due ordinanze di custodia cautelare in carcere. Il primo a essere arrestato è stato il patrigno, che è stato trovato, dopo ricerche durate una settimana, in Toscana il primo luglio. Secondo gli investigatori, che avevano bussato alle porte di casa sua a Domodossola a fine giugno, per la perquisizione, l’uomo avrebbe intuito di essere ricercato e sarebbe fuggito. Avrebbe pianificato anche forse - lo ipotizza la procura - un viaggio nel paese della compagna, oltre oceano.
La postale lo ha cercato per giorni in tutta Italia. Dopo che è finito in manette, gli agenti hanno sequestrato tutti i dispositivi informatici di cui era in possesso. Sono emerse così delle chat particolarmente compromettenti nei riguardi della madre, che ha sempre sostenuto di non sapere nulla dei video del marito. Mentre dai messaggi emergerebbe la «correità piena» nel reato. Per questo motivo la donna è finita in carcere. La bambina è stata ospitata in una comunità per minori, ed è talmente traumatizzata che ancora non riesce a raccontare la verità a chi indaga.
L’inchiesta ora prosegue, per capire se, oltre alla produzione e alla detenzione di materiale pedopornografico, la coppia sia responsabile anche di divulgazione. Il terribile sospetto della postale, bene esperta del fenomeno, è che i video fossero stati merce da vendere nel mercato nero virtuale della pedofilia. Gli esperti ritengono che video “amatoriali” con vittime minorenni, abbiano un “valore” elevato nel mondo dei traffici dei pedofili.
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Per accertare questo aspetto, la postale sta vagliando ogni immagine sequestrata e ogni contatto mail o telefonico dei due arrestati. L’assicuratore, recluso nel carcere di Sollicciano a Firenze, non parla. Non avrebbe mai ammesso e riguardo alla fuga della coppia (che aveva portato con sé anche la vittima), la difesa dice: «Volevano solo andare in vacanza».
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