«Sono particolarmente lieto di inaugurare il parco Michelotti. Un’area verde di grande valore paesaggistico, rimasta per troppi anni inaccessibile, viene restituita ai torinesi e sarà fruibile in completa sicurezza». Così l’assessore al Verde della Città, Francesco Tresso, si era espresso lo scorso giugno all’inaugurazione del parco Michelotti di corso Casale che ora attende di capire quale futuro reciteranno le sue ex gabbie.
LA STORIA Una storia iniziata oltre 35 anni fa. La Città, dopo le proteste degli ecologisti e dopo un’esperienza cominciata nel 1955, aveva prorogato la situazione con la ditta Molinar, che curava lo zoo, solo fino al marzo del 1987. Gli animali, in seguito, sono stati trasferiti in altri parchi. Italiani e non. Svuotati anche l’acquario e il rettilario. Poi, la situazione è rimasta in stand by. L’ex zoo è diventato un luogo fantasma, fino a quando i senzatetto hanno cominciato a prendere di mira le vecchie gabbie. Usandole come rifugio per la notte. L’ipotesi di un interessamento di Zoom (che già gestisce un bioparco a Cumiana) è caduto nel vuoto. Sotto la giunta Appendino il Comune di Torino aveva stanziato i fondi per la completa riqualificazione della vecchia casa degli animali. I lavori prevedono la rimozione dei ruderi, e l’installazione di alberi, panchine, tavoli e uno spazio per il parcheggio delle biciclette.
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LE RICHIESTE La Circoscrizione 8 aveva chiesto all’ex amministrazione Appendino, a suo tempo, di salvare e tutelare le vecchie strutture dello zoo, per riconvertirle dal punto di vista culturale, sociale e ricreativo. Mantenendo anche la storicità del luogo. Accordo poi raggiunto grazie al parere positivo della sovrintendenza. Ma adesso cosa farà la Città?. «Raggiunto l’obiettivo del vincolo - spiega il presidente della Circoscrizione 8, Massimiliano Miano -, dobbiamo pensare al futuro. Magari ad un’assegnazione con riconversione».
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