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LA SCRITTRICE DEL MOMENTO SI CONFESSA
04 Maggio 2023 - 07:30
Doveva essere una storia di streghe, poi ha virato - pur mantenendo dei toni del fantastico - sul realismo spietato dove il potere è quello della voce, dell’urlo, ma probabilmente qualcuno il sortilegio l’ha fatto con “La Malnata” (Einaudi, 17,50 euro): dominatore delle classifiche, venduto in trentadue Paesi prima ancora di uscire dalle aule della scuola Holden. Beatrice Salvioni lo presenterà questa sera, alle 18.30, al Circolo dei lettori di Torino.
Beatrice Salvioni, quante volte le hanno chiesto cosa si prova a essere il fenomeno editoriale dell’anno?
«Troppe, davvero. E non mi piace la parola “fenomeno”, non è una parola che attiene al mio merito. Io sono solo una ragazza di ventotto anni che ha scritto un libro, sperando che qualcuno se ne prendesse cura, che lo leggesse. Quello che è venuto dopo è merito della mia agente e della casa editrice»
Eppure, quella storia ancora in prima stesura, durante il “pitch” di fine corso ha attirato l’attenzione. Sarà pur merito suo, o no?
«Anche altri miei compagni hanno fatto pitch interessanti e avevano delle belle storie, ma a loro non è successo così. Ho capito che in editoria le cose sfuggono al tuo controllo»
IL LIBRO
«Non avevo ancora imparato che bastava una sua parola per decidere se meritavi di essere salvato o ucciso, di tornare a casa con le calze zuppe o di restare a dormire per sempre con la faccia affondata nel fiume». A parlare è Francesca, una ragazzina nell’Italia del ventennio, mentre chi dorme nel fiume, il Lambro, è il giovane figlio di gerarca che ha cercato di stuprarla. Ma la Malnata, al secolo Maddalena, l’ha fatto fuori. E così, con il peso di un cadavere da togliersi di dosso, e l’odore del sangue, si cementa il legame tra la ragazzina di buona famiglia e la Malnata, quella di cui tutti dicono che è una strega, di cui hanno paura, soprattutto perché lei se la ride come Franti, libera con «il demonio dentro», forte del suo essere maledetta. Una storia a tinte forti, di amicizia e desiderio di libertà e di ribellione.
Guardando dall’esterno, cosa colpisce ne “La malnata”?
«Credo che, pur ambientata nel passato, sia una storia molto attuale, parla di persone messi agli estremi di un mondo che di loro non si cura, persone che cercano di trovare la propria voce. E non si tratta solo di un punto di vista femminista, ma di attenzione a tutte le categorie sociali. La Malnata, su cui aleggia la diceria di una maledizione, ha una nomea da capro espiatorio che diventa orgoglio»
Perché questo interesse per la scrittura e perché la scelta della Holden?
«Inizia da quando ero ragazzina. Mi piaceva inventare storie, quando ero alle medie ero dalla parrucchiera con mia madre e su una di quelle riviste da parrucchiera, appunto, ho letto una intervista ad Alessandro Baricco che parlava della Holden. E mi sono detta che dovevo arrivarci. Prima però ho fatto il mio percorso: il liceo, la laurea in filologia, altri corsi di scrittura. Ma credo che non avrei mai potuto fare altro»
Come mai ha ambientato la storia all’epoca del fascismo, invece di parlare della sua generazione, di oggi?
«Anche la mia coordinatrice a scuola aveva storto il naso. Ma io volevo assolutamente ambientare la storia in quell’epoca, volevo un periodo che fosse il più possibile sessista, maschilista... Ambientare una storia nel passato aiuta a capire quanto poco è cambiato in certe cose. E poi, per narrare del presente, bisognerebbe anche mettere in mezzo i social network e io non mi ci trovo...»
E a Torino, lei che è nata a Monza, come si trova?
«Mi sono ricavata una dimensione giusta. Era la prima volta che andavo a vivere da sola, con il mio corgi Dylan, come Dylan Dog. Vado al cinema, ho la palestra di boxe, vedo ancora gli amici della Holden»
E pensa al prossimo libro.
«Ho già scritto qualcosa, ma da quando ho incontrato gli sceneggiatori per una serie da “La Malnata”, mi hanno messo in testa l’idea di un seguito. Chissà...»
Come per “L’amica geniale”. Troppo facile il paragone con Elena Ferrante.
«Sì, già fatto troppe volte. E anche ingiusto. Anche se amo la Ferrante, io non sono altro che la pischella ultima arrivata... Il paragone, anche se lusinghiero, è pesante. Come le critiche, che ho imparato ad accettare, o le recensioni troppo entusiastiche. Io, da questo punto di vista, ho un’ansia continua, vivo la sindrome dell’impostore»
Altri scrittori del suo pantheon personale?
«Fenoglio per i racconti, Donatella Di Pietrantonio, Viola Ardone e certamente Italo Calvino e Dino Buzzati. Abbiamo molti scrittori fantastici, in Italia, proprio nel senso del genere fantastico, ma non gli diamo abbastanza attenzione».
LA MALNATA
Beatrice Salvioni
Einaudi
17,50 euro
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