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L'INTERVISTA

Gianni Oliva: «Le armi agli ucraini? Sì, giusto difenderli dalla Russia»

Lo storico parla anche del suo ultimo libro presentato al Salone del Libro: “Il purgatorio dei vinti”, storia dei prigionieri fascisti nel campo di Coltano

Gianni Oliva: «Le armi agli ucraini? Sì, giusto difenderli dalla Russia»

«Se sosteniamo l'Ucraina la si difende con le armi. Rispetto alla mia morale tirare i missili sui civili e ammazzare la gente che vive a casa propria è un crimine, quelli che vengono uccisi sono gli ucraini e quindi è giusto sostenerli». Così la pensa sull'invio italiano delle armi all'Ucraina, lo storico Gianni Oliva, intervistato al Salone del Libro a margine della presentazione del suo ultimo libro “Il purgatorio dei vinti”. «Prendiamo ad esempio due persone che si picchiano per strada - aggiunge lo storico -, se si sta a guardare senza intervenire automaticamente si sta dalla parte della persona che picchia».
Nel suo saggio Oliva parla della storia dei prigionieri fascisti nel campo di Coltano. Da Raimondo Vianello a Enrico Maria Salerno, da Walter Chiari a Enrico Ameri, dal giornalista Mauro De Mauro all’anziano scrittore americano Ezra Pound, dal futuro ministro Mirko Tremaglia all’olimpionico della marcia Pino Dordoni: ci sono tanti nomi diventati illustri tra gli oltre trentamila militi e sostenitori della Repubblica sociale italiana ammucchiati, a fine guerra, nel campo di prigionia allestito dagli Alleati alle porte di Pisa. Sono i vinti della guerra civile, per la maggior parte «ragazzi di Salò», che dopo l’8 settembre hanno scelto la continuità con i valori del Ventennio e in nome di un malinteso senso della Patria e dell’Onore sono andati a cercare la dannunziana «bella morte», schierandosi «dalla parte sbagliata della storia» come ha ammesso Raimondo Vianello che non ha però mai rinnegato quei tempi. Alcuni dei loro camerati hanno avuto un destino drammatico, travolti nella convulsione della resa dei conti; altri, come Dario Fo, sono riusciti a eclissarsi prima del tracollo; altri ancora sono rinchiusi in campi minori, a Padula, Scandicci, Rimini. «Nel 1945 l’Italia ha perso la guerra, ma sui libri di storia si dice che il 25 aprile si è stata “liberata”. E invece avevamo perso facendo finta di vincere» spiega Oliva. «In questo libro ho voluto parlare di quella parte di storia che è stata oscurata, perché non faceva comodo, com'è accaduto con le foibe».

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