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L'INTERVISTA DELLA SETTIMANA
17 Settembre 2023 - 12:05
Davide D'Urso
Sorrisi, abbracci, qualche selfie ricordo. Davide D’Urso entra in uno dei tanti bar di San Salvario ed è subito festa. «Tu sei quello dei video sui torinesi» lo riconoscono i clienti. «Grazie di cuore, la sera riesci sempre a strapparmi una risata, nonostante la stanchezza» gli dice la donna dall’altra parte del bancone e lui (si vede) si intenerisce. Il successo è arrivato quasi all’improvviso, dopo tanti anni di palco e gavetta, grazie alla parodia dei modi di fare dei torinesi che popolano i diversi quartieri della città.
Se dico Mirafiori?
«”Cisti Mirafiori” (ride). Ho imparato a camminare lungo le strade del quartiere. Parlo di Mirafiori Sud, ovviamente. Mirafiori Nord non esiste, è una Santa Rita che non ce l’ha fatta. Scherzo».
Barriera Milano?
«La mia prima fidanzatina era di Barriera. All’epoca ero minorenne, senza patente, senza macchina e prendevo i pullman per andare a trovarla in periferia. Ne ho viste di tutti i colori. Letteralmente. Risse, accoltellamenti... Ho un aneddoto, lo posso raccontare?»
Ma certo.
«Una notte ero alla fermata del 75. Arriva uomo gigantesco, mi guarda e mi fa il dito medio. Io lo guardo e resto fermo immobile. Un amico che era con me mi intimò assolutamente di non muovermi, altrimenti avrebbe fatto il giro e ci avrebbe picchiati entrambi. Restai cinque minuti così, fermo. Ecco, questo per me è Barriera».
E la ricca Crocetta invece?
«Tutti i miei amici abitano alla Crocetta. E hanno tutti la r moscia. Quando faccio la parodia dei torinesi di quella zona mi ispiro a loro e alla loro parlata lenta. Evidentemente non hanno fretta. Poi il locale dove mi esibisco più di frequente e dove sono cresciuto artisticamente è il Cab 41».
Veniamo al dunque: ma come mai la parodia dei torinesi fa così ridere?
«Non ne ho assolutamente idea. Credo che tutti ci rivedano un amico, un conoscente o un parente. Il problema è che non si rendono conto che dovrebbero rivedere anche loro stessi. Diciamo che - non so come - credo di aver trovato delle sfumature nei caratteri delle persone dei diversi quartieri su cui nessuno si era mai soffermato prima».
Ora per fare il salto dal pubblico locale a quello nazionale è necessario uscire dalla dinamica torinese?
«In realtà sto già uscendo dal Piemonte grazie a questi video. Ad esempio, i liguri conoscono benissimo i torinesi. Anche in Lombardia c’è un buon seguito. Tanti mi guardano da Roma. In poche parole, chiunque abbia orbitato in qualche modo a Torino apprezza il mio lavoro. Penso a studenti o lavoratori fuori sede o chi ha i parenti giù».
Il successo è arrivato con i social. Se lo aspettava?
«No. Faccio spettacoli da 12 anni. Ho iniziato al Circolo Amici della Magia di Brachetti, come mago. Mi sono presto reso conto che quando facevo i giochi di prestigio la gente non la smetteva di rideva. Non capivo bene il perché e allora ho iniziato a scrivermi le battute per i giochi di magia. Funzionava e così ho piano piano accantonato la bacchetta».
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Ma la notorietà non è arrivata subito.
«No, per anni ho puntato molto sugli spettacoli live. Ho fatto un talent su La7 con Diego Abatantuono che si chiamava “Eccezionale Veramente” ed ero arrivato alla finalissima. Si trattava di una sorta di X Factor per comici. Poi ho fatto due edizioni di “Colorado” e sono andato ospite di Amadeus ai “Soliti Ignoti”. Ci sono state anche apparizioni nei Comedy. Ma all’epoca non mi conosceva quasi nessuno».
E poi i social.
«I social sono sempre stati "amici-nemici" per me. Per tanti anni ho provato a fare video professionali, coinvolgendo tante persone. Mi impegnavo moltissimo. Ho studiato anche cinema, ma non serviva. Odiavo i social proprio perché mi ci impegnavo tanto e non arrivavo mai».
Con quale video c’è stata la svolta?
«“Pasquetta a Torino”. Da 3mila follower coltivati in 10 anni, ho fatto due milioni e mezzo di views. Ogni volta che pubblico un video raggiungo persone nuove».
Hai un social media manager?
«No, faccio tutto da solo. Scrivo i video, li faccio, li monto, li pubblico e li seguo».
Di natura e di mestiere fa ridere la gente, ma l’ironia è una cosa molto seria e mai come in questo periodo dedicata. Ci sono argomenti tabù?
«Proprio questa settimana ho vissuto la mia prima shit storm. Mi hanno ricoperto di insulti per una battuta sul Toro».
Come l’ha presa?
«Ci sono rimasto male all’inizio. Non capivo come fosse possibile non capire l’ironia in questo modo. Ho solo scherzato sull’odio tra le due tifoserie. Magari la battuta è stata infelice, ma non mi sono schierato da nessuna parte».
Ha rimosso il video?
«No, l’ho lasciato lì. Mi fa riflettere vedere come la gente impazzisca quando si tocca il calcio».
Anche Segre e Seymandi sono finiti nel suo mirino.
«Sì, ho interpretato Segre per gioco. Quella mattina ho letto la notizia, ho visto il video e ho fatto a braccio la ripresa con la cuffia in mano come Segre. Quel video è andato benissimo, neanche un insulto».
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L’emozione più grande della carriera, fin ora ovviamente..
«Un’emozione grande l’ho vissuta quest’anno al Teatro Alfieri. Ero ospite durante lo spettacolo di Filippo Caccamo. È stato il primo evento in cui mi hanno riconosciuto davvero in tanti. Di solito per scherzare quando salgo sul palco chiedo sempre “in quanti mi conoscono”? E generalmente alzavano la mano in tre. Quella sera avevo davanti a me 1.600 persone con la mano alzata. Lì ho capito che stava cambiando davvero qualcosa».
Progetti per il futuro? Tv, teatro, magari un film?
«Ora sono concentrato sullo spettacolo del 7 ottobre al Teatro Juvarra, alle 21. Abbiamo aperto le vendite dei biglietti questa settimana e sta andando bene. Per il futuro continuerò sicuramente con molti video ma il mio sogno resta fare teatro»
Davide, ce lo dica: in che quartiere di Torino abita?
Silenzio.
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