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Il filosofo si è spento ieri a 87 anni

Dalla Rai al "Pensiero debole", ecco chi era Gianni Vattimo

Non se n'è andato in pace, "perseguitato dalla magistratura", dopo la condanna del suo compagno

Dalla Rai al "Pensiero debole", ecco chi era Gianni Vattimo

Non se n’è andato in pace. Gianni Vattimo è morto, ieri sera, all’ospedale di Rivoli, stremato nel fisico e nell’animo, forse anche in quella mente analitica e brillante che tutti conoscevano. Non se n’è andato in pace, per le vicende giudiziarie, per la richiesta dell’affiancamento - di nuovo - di un amministratore di sostegno. Nei giorni scorsi Simone Caminada, 36 anni, il suo assistente e anche l’uomo che avrebbe voluto sposarlo, aveva lanciato un duro messaggio su Facebook accusando la magistratura di perseguitare il grande filosofo, ora dice «Guardate all’uomo, non al caso giudiziario».

Ecce homo. E l’uomo, lo studioso, aveva 87 anni: all’anagrafe si chiamava Gian Teresio Vattimo, sua madre era una sarta torinese e suo padre un poliziotto calabrese, morto quando lui era bambino. Durante la guerra, madre e figlio riparano in Calabria, luogo che per lui resterà sempre nel cuore, tanto da essere sfondo di un suo romanzo giovanile, andato perduto.
Tornato a Torino, vive nella zona di Borgo San Paolo e va a scuola liceo Gioberti. All’università è allievo di Luigi Pareyson e amico di Umberto Eco. Si laurea in filosofia nel 1959 e, prima della carriera accademica, finisce in Rai: il giovane Vattimo, ancora senza barba, è uno dei «professorini» di quella pazzesca infornata di talenti e competenze della Rai di allora, dei «ragazzi di via Po», la Torino dei Cantacronache e di Italo Calvino.

Impossibile riassumere in poche righe la sua carriera accademica e l’importanza dei suoi studi, così come sarebbe impossibile calcolare il numero di allievi formatisi alle sue lezioni a Palazzo Nuovo, anzi per essere precisi, in pieni anni ‘90, in quella cosa terribile che era il Palazzetto Aldo Moro nello spiazzo sterrato adibito a parcheggio. Era il padre del cosiddetto “Pensiero debole”, una teoria filosofica che va oltre il nichilismo di Nietzche e contrasta il “pensiero forte” di Hegel. Un pensiero postmoderno.

Politicamente, cattolico di cuore e formazione, si dichiarava «comunista cristiano», era stato nei Radicali, in Alleanza per Torino, nei Ds, aveva svolto un mandato come europarlamentare.

Ma è la sua vita privata che, negli ultimi tempi, è finita nella bufera. Simone Caminada, che ieri sera al telefono parlava con poca voce rotta dal pianto, da quattordici anni era il suo assistente - si erano conosciuti quando il professore era europarlamentare - e il suo compagno nel grande appartamento di via Po. E a febbraio era stato condannato a due anni per circonvenzione di incapace. Una vicenda giudiziaria complicata, che lo stesso Caminada ha tenuto sotto i riflettori, partita dalla denuncia di alcune persone vicine al filosofo, persone cui lui aveva spesso dato denaro e aiuti. Fino a che Caminada, parole sue, aveva messo ordine nelle finanze. A Vattimo era stato dato un amministratore di sostegno, poi tolto quando una perizia aveva stabilito che fosse capace di intendere e volere. Diverso il giudizio in tribunale, tanto che di recente la procura era tornata a chiedere un amministratore di sostegno.

Avevano annunciato il loro matrimonio Simone e Gianni, che nella sua vita aveva dovuto affrontare la perdita di due compagni di vita: il secondo era lo storico Sergio Mamino, vent’anni fa, sull’aereo che lo portava in Olanda per ricorrere all’eutanasia. Un matrimonio poi saltato perché, il sindaco del Comune prescelto, venendo a sapere del caso giudiziario, aveva informato la procura. Successivamente avevano annunciato un’altra data, ma non si era più saputo niente. Da giorni Vattimo era ricoverato all’ospedale di Rivoli e Caminada, sempre sui social, scriveva «si sta lasciando andare».
Adesso il pensiero cinico è che ne sarà della vicenda giudiziaria: la sentenza non è definitiva e, sicuramente, qualcuno a Palazzo di Giustizia, finirà per voler capire cosa ci sia realmente nel testamento del grande filosofo, che aveva indicato Caminada come suo unico erede. Tranne che della parte più spirituale, la sua biblioteca e i suoi studi: «Gli archivi sono a Barcellona e io non sono nemmeno l’erede dei 20mila libri di Gianni» diceva il giovane.

Quindi, non è certo andato via come avrebbe meritato Vattimo. Ma con una consolazione, forse, per chi lo conosceva: il nuovo amministratore di sostegno non era stato nominato, quindi il professore se n’è andato da uomo libero e padrone di sé. Come il suo pensiero.

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