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La sentenza

Condannato Luca Pasquaretta, l'ex portavoce di Chiara Appendino

I reati contestati erano peculato, estorsione e traffico di influenze illecite: le ultime due accuse sono cadute

Chiara Appendino e Luca Pasquaretta

Chiara Appendino e Luca Pasquaretta

Il pubblico ministero Gianfranco Colace aveva chiesto 9 anni di condanna per Luca Pasquaretta, ex addetto stampa dell’ex sindaca di Torino, Chiara Appendino. Il giudice Paolo Gallo ha ridimensionato la pena e ha appena comminato una condanna in primo grado a 1 anno e 8 mesi.

Le accuse per Pasquaretta, presenta in aula durante l'udienza di stamattina, sono di peculato, estorsione e traffico di influenze illecite: l'ex portavoce è stato condannato per il primo reato e assolto per gli altri.

La vicenda ruota intorno alla consulenza “fantasma” da 5mila euro per il Salone del Libro che, secondo l’accusa, Pasquaretta avrebbe ottenuto per arrotondare il suo stipendio da portavoce. Soldi che l'ex portavoce aveva poi restituito, pur sostenendo di aver svolto quell’attività di supporto del presidente Massimo Bray per il Salone del 2017. L’estorsione invece si sarebbe configurata, secondo il pm, dopo che il capo ufficio stampa si era dimesso, facendo pressioni per ottenere nuovi incarichi con esponenti del movimento 5 Stelle, tra cui Laura Castelli, Tiziana Beghin e la stessa Appendino. Minacce che però Appendino ha escluso di aver ricevuto. «Non è così, non è verosimile che non si sia parlato di queste minacce - ha spiegato il pm in aula - Pasquaretta diceva "vi mando tutti a casa". Sia Appendino che Castelli hanno omesso di dirci la verità», concludendo per la richiesta di trasmissione degli atti per falsa testimonianza delle due onorevoli. «Quelle di Pasquaretta erano solo infelici battute con un amico stretto - ha replicato oggi l'avvocato Claudio Strata, difensore dell'ex portavoce - Appendino e Castelli non hanno mai percepito minacce o estorsione». Ora il legale esulta per l'assoluzione del suo assistito per due reati su tre: «Nella parziale soccombenza, questa è una sentenza molto importante: sono cadute delle accuse di una gravità inaudite, l'assoluzione ne dimostra l'assoluta infondatezza».

Il pm Colace aveva poi chiesto 4 anni di carcere per l’ex direttore generale del Comune, Giuseppe Ferrari, e per Mario Montalcini vicepresidente del Salone del Libro, accusati di concorso nel peculato. Per loro il giudice di primo grado ha deciso una condanna a 1 anno e 4 mesi per il reato di peculato mentre sono stati assolti per gli altri reati.

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