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Il retroscena
08 Novembre 2023 - 19:35
Gianni Agnelli
«La Fiat è un’azienda assistita dallo stato?». Per rispondere alla domanda è necessario ripercorre la storia dell’automobile almeno dal 1899, l’anno di nascita di quella che avrebbe fatto di Torino “la Capitale” delle quattro ruote, alle commesse belliche alla Fiat nella guerra di Libia del 1911, alla razzia di tutti i marchi automobilistici attivi sul mercato, fino all’Alfa Romeo che fu il grande regalo alla famiglia Agnelli dell’ultimo marchio autonomo e pubblico delle quattro ruote.
L'Alfa Romeo era posseduta dall'Iri e negli Anni 80, quando alla presidenza dell'ente c'era Romano Prodi, contava enormi perdite e debiti nell'ordine delle centinaia di miliardi di lire, che portarono alla decisione di cederla. Nel 1986 la casa milanese era contesa tra l'italiana Fiat e il colosso americano Ford: la scelta era tra far crescere ulteriormente la più grande realtà industriale italiana oppure accogliere un nuovo concorrente, dal nome ( e dalle solide finanze) come quelle del colosso americano. Alla fine a spuntarla fu la Fiat che acquisì tutte le azioni del Biscione, grazie soprattutto alle forti influenze da parte della politica. Una trattativa che si concluse dunque con l'espansione del Gruppo che faceva capo all’Avvocato, limitando la competizione interna, fatto che ora in molti considerano essere stato penalizzante per l'industria automobilistica italiana.
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Chi è addentro alle segrete cose, sa che questa vicenda dell’Alfa Romeo che è costata miliardi (di allora) allo Stato e la perdita di migliaia di posti di lavoro per i dipendenti del Biscione, ha avuto almeno cinque attori protagonisti (come scrive Loris Campetti nel 2010) < l’avvocato Gianni Agnelli, che non tollerava l’idea di ritrovarsi un concorrente in casa (la Ford); Romano Prodi, presidente dell’Iri, proprietario dell’Alfa tramite Finmeccanica; il sottosegretario alla presidenza del consiglio e deputato di Torino Giuliano Amato che lavorò ai fianchi il suo capo Craxi per agevolare la soluzione italiana, nonostante le offerte e le garanzie della Ford fossero migliori per ammissione di tutti; il ministro dell’industria Valerio Zanone, anch’egli deputato torinese e altrettanto orientato «italianamente» come Amato; il presidente del consiglio Bettino Craxi, artefice insieme a Prodi dell’«affare» Alfa Romeo. È sicuramente un caso che tre dei cinque attori, cioè tutti quelli viventi, siano collocati nel fronte variegato del centrosinistra>
Fatti che tornano alla mente oggi perché l’auto italiana (o meglio quello che resta affogato nell’impero Stellantis governato dall’Ad portoghese Tavares) è in sofferenza, con la vendita su internet dello stabilimento Maserati e con la scarsa operatività di Mirafiori, mentre la potenzialità di produzione potrebbe essere non di 500 mila vetture l’anno, ma addirittura di un milione e mezzo. E non lo diciamo noi ma il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso pochi giorni orsono, sottolineando come lui personalmente avrebbe preferito che l'Alfa fosse stata venduta alla Ford., rimproverando a Romano Prodi “un errore” di valutazione che non ha giovato al nostro mercato.
Lo scontro tra il ministro e l’ex presidente dell’Iri e successivamente del Consiglio dei ministri sulla vendita dell’Alfa avvenuta nel 1986 riapre una ferita mai completamente rimarginata nella storia dell'automotive italiano. La casa del Biscione, che apparteneva allo Stato dal 1921, fu di proprietà dell'Iri fin dal momento della sua creazione nel 1933. L'Istituto per la ricostruzione industriale era un ente pubblico nato in epoca fascista con lo scopo di salvare diverse banche, e le aziende con loro esposte, dal fallimento, prima di diventare un punto di riferimento statale per la politica industriale, almeno fino alle grandi privatizzazioni degli Anni 90.
Un errore, per dirla come il ministro, della politica di allora quando si decise di vendere a Fiat e non di accogliere l'investimento della Ford - commenta così il ministro - Proprio per questo oggi in Italia abbiamo un'unica casa automobilistica mentre gli altri Paesi, come Francia, Germania, Polonia, ne hanno tre, quattro o cinque.
Morale di questa favola triste: Si, la Fiat è stata assistita dallo Stato, con “donazioni” e incentivi pari a 200 miliardi in poco più di 40 anni, a cominciare dal 1977. Un pacchetto regalo non indifferente, specie se valutato ai giorni nostri, se si considera anche il Biscione con tutta la sua storia
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