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LA POLITICA
08 Aprile 2024 - 07:10
Manifesti elettorali di Raffaele Gallo
Il manifesto elettorale strappato e consunto dalle intemperie di Raffaele Gallo sembra oggi il simbolo della crisi del Partito democratico a Torino. Tra chi si trincera dietro il silenzio, chi inizia a parlare con tono preoccupato di commissariamento dei vertici e chi - nonostante tutto - invita a tornare alla base, ai circoli, per riconquistare l’identità del partito. Il passo indietro ufficiale di Gallo junior dalla corsa alle regionali è arrivato tramite una nota. «A tutela dei miei figli e di mia moglie e con senso di responsabilità e rispetto verso il Pd, ritiro la mia candidatura» scrive. Un in bocca al lupo ai colleghi in gara, le dimissioni da presidente del Gruppo in Regione e Raffaele Gallo esce di scena.
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Troppo grande il peso dell’indagine Echidna su infiltrazioni mafiose e corruzione elettorale, che vede tra gli indagati anche il padre Sasà. Sul nome di Raffaele al momento non grava alcuna contestazione di natura penale, ma la tempesta ormai lo aveva travolto. «È una decisione responsabile in linea con un principio che ho più volte richiamato in queste ore, ma che raramente trova applicazione: la politica non deve delegare tutto alla magistratura, ma può e deve fare scelte basate anche su ragioni etiche e di opportunità» il commento del segretario regionale Mimmo Rossi. «Il Pd dimostra di anteporre il progetto collettivo ad ogni altro interesse» aggiunge.
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La guerra del capolista
Ora però si pone la questione del rimpiazzo di Gallo come capolista su Torino e dell’inserimento nelle liste di un altro nome (oltre a quello ancora mancante che deve essere indicato dalla presidente Pentenero). C’è chi per quel ruolo vorrebbe una donna (si ragiona dell’assessora alla cultura del Comune di Moncalieri Laura Pompeo). Lo sguardo poi torna a rivolgersi nella direzione del chirurgo campione di preferenze Mauro Salizzoni. Il suo - in questo contesto ancor più di prima - appare il nome migliore e opposto al dilagare delle correnti.
Le correnti
«Senza nessun riferimento alle vicende di questi giorni, credo che nei confronti delle correnti occorrerebbe innanzitutto un atteggiamento di comprensione» mette in guardia Gianfranco Morgando, segretario regionale del Pd in Piemonte nel 2007 e prima membro della Dc. «Le correnti possono essere l’anima di un grande partito che raccoglie diversi radicamenti sociali. Quelle che una volta chiamavamo tendenze. Oppure, possono rappresentare un modo per raccogliere consenso e organizzare la gestione del potere». In ogni caso, descrivere le correnti «come un fatto solo negativo è sbagliato». Quanto poi alle soluzioni per uscire dall’empasse, Morgando invita a tornare a fare politica nei circoli.
Commissariamento del Pd?
«Commissariamento? Non è una soluzione» sentenzia. «Ho sentito nella base del partito molte irritazioni nei confronti del processo decisionale che taglia fuori le energie che ci sono nel periferie del partito. Costruiamo consapevolezza. Basta concorrere alla conquista di posti di potere». E mentre il Pd cerca di ritrovarsi tra le macerie, il M5s porta il caso in Sala Rossa, con una interrogazione diretta al sindaco Stefano Lo Russo.
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