l'editoriale
Cerca
L'INTERVISTA DELLA SETTIMANA
28 Aprile 2024 - 09:30
Guido Martinetti
Il gianduia di Fiorio, la crema di Gatsby e il pistacchio «discreto», mai all'altezza delle aspettative. La passione di Guido Martinetti per il gelato è cresciuta insieme a lui. Fin quando, da ragazzo, catalogava le gelaterie di Torino in base ai gusti migliori. «In terza media mi sono fatto arrivare a casa una gelatiera, per farmi il gelato da solo» racconta. «Ne ero golosissimo. E funzionava anche bene come scusa per conquistare le ragazze» scherza Marchetti, tra i fondatori di Grom insieme all’amico Federico e protagonista della nuova frontiera del gelato, insieme al rampollo di casa Ferrari Charles Leclerc.
Martinetti, ci dica: cosa c’entra la Formula Uno con il gelato?
«Charles era molto goloso delle crema di Grom e ha contattato Federico tramite un amico comune. Con grande umiltà ci ha raccontato di essere da sempre molto chiotto di dolci e di gelato in particolare. Ma tutte le volte che lo mangiava si sentiva in colpa. Nei confronti dei professionisti che seguono la sua dieta, dei tifosi… Gli sembrava di venire meno ai suoi doveri professionali. E da qui è nata l’idea».
Un gelato adatto agli atleti?
«Esatto. Io avevo già lavorato a un progetto simile per i calciatori del Milan, ma non era andato a buon fine per varie ragioni. Abbiamo pensato a un prodotto adatto agli atleti e a tutti coloro che si vogliono bene. Oggi ci sono strumenti tecnologici e culturali per creare un prodotto nuovo. Pensi che un barattolo intero di gelato contiene un terzo delle calorie del metabolismo basale di un adulto».
Parliamo di Grom. È un capitolo chiuso per sempre?
«Siamo partiti con questo nuovo progetto trascorsi i sette anni di “non competitive agreement” che avevamo stipulato con Unilever. Siamo usciti da Grom come azionariato nel settembre del 2015».
Cosa era successo?
«Forse ricorderete che nel 2014 non ci fu praticamente l’estate. A livello di retail le temperature possono portare a una oscillazione del 20-25% rispetto a una linea media. All’epoca facevamo quasi 40 milioni di euro e quell’annata fu disastrosa, con 10 milioni di euro in meno nel cassetto. Siamo sempre cresciuti reinvestendo tutte le risorse in azienda. Nessuno ci garantiva che nel 2015 ci sarebbe stata un’estate migliore del ’14. Unilever è arrivata in un momento di stress finanziario ed emotivo. Ci ha fatto una proposta gratificante e così abbiamo deciso di uscire e di investire una buona parte delle risorse nel vino».
La sua passione originaria.
«Diciamo che per me il vino è cuore. È famiglia. Il gelato invece è un prodotto della testa. Lo faccio con estrema facilità».
È vero che già da ragazzino usava la scusa del gelato fatto in casa per conquistare le ragazze?
«È vero. In terza media mi sono fatto arrivare a casa una gelatiera. Stavo per iniziare il liceo scientifico e non avevo ancora immaginato una carriera in questo campo. Poi ho fanno agraria e enologia. Ma ho sempre avuto il pallino del gelato».
Come si passa dal mondo del vino a quello del gelato?
«Deve sapere che ero fissato con i vini di Angelo Gaia. Un giorno, era il 10 agosto, ero in vigna da lui a Barbaresco e sul giornale noto un articolo scritto da Carlin Petrini in cui diceva, sostanzialmente, che non c’era quasi più nessuno che facesse il gelato alla vecchia maniera. Cioè utilizzando materie prime di stagione, senza additivi, senza coloranti e aromi. E lì sono rimasto folgorato. Mi sono detto: perché non applicare al gelato la stessa attitudine ed eccellenza che Angelo Gaia usa nei suoi vigneti?»
E poi?
«Sono tornato a Torino e ne ho parlato con Federico. Come ho imparato a fare il vino avrei imparato a fare anche il gelato. Quanto mai potrà essere difficile? Ricordo che Federico rimase un po’ interdetto e poi, dopo un mese circa, arrivò da me con business plan di una ottantina di pagine per aprire a sei gelaterie. Siamo partiti così, con risorse molto limitate e con un debito importante sulle spalle. Sono stati cinque anni impegnativi. Ma è stata anche una grande avventura».
Mi tolga una curiosità, perché lo avete chiamato Grom e non Martinetti?
«Ho sempre avuto grande ammirazione per quelle aziende italiane in cui l’imprenditore metteva il proprio volto sul mercato. Penso a Ferrero, Lavazza, Barilla, Rana. E poi avevo il mito di Gaia. Il nome Martinetti è molto lungo, non andava bene. Grom, invece, aveva anche un qualcosa di onomatopeico. Ci è sembrato più giusto. Ho dovuto convincere Federico. Mi fa sorridere che ancora oggi se chiama lui per prenotare un risotrante lo riconoscono subito. È il “Signor Grom”. Se chiamo io non mi riconoscono. E va beh».
Il suo gusto di gelato preferito?
«Devo dare una risposta sofisticata. Se è appena mantecato, il fiordilatte. Ha un gusto delicatissimo che si perde subito. Altrimenti il pistacchio».
Una risposta da intenditore. Fa ancora il gelato?
«Ora c’è un team che lo fa per me. La mia specialità assoluta è l’analisi sensoriale. Sono molto bravo a cogliere dettagli e sfumature. Un po’ come quando si ascolta una sinfonia di Mozart…»
Addirittura?
«Lo so, è un parallelo ingrato per Mozart, ma ha un suo perché. Io sono capace a creare quel tipo di sinfonia sotto forma di gelato. So suddividere il ruolo di ogni singolo ingrediente e poi produrre un gusto che piaccia a un gruppo eterogeneo di persone. Dai bambini agli anziani senza denti. Tendenzialmente comunque mangio poco gelato nella mia quotidianità. Si perde un po’ l’approccio edonistico. Ne ho mangiato talmente tanto negli ultimi 20 anni. È un cibo più della testa che del cuore. Pur volendogli molto bene».
Ora è un periodo prospero per l’industria del gelato?
«In Italia si consumano 12 chili di gelato pro capite, il 75% è da passeggio. Tutto il resto del mondo è meno legato alla stagionalità del prodotto. Gli Stati Uniti, ad esempio, ne mangiano il doppio, ma sono tutti gelati mangiati sul divano davanti alla televisione».
Il Piemonte ha una tradizione consolidata?
«Direi di sì. Torino è da sempre considerata una città solida per la qualità del gelato che propone».
I più letti
CronacaQui.it | Direttore responsabile: Andrea Monticone
Vicedirettore: Marco Bardesono Capo servizio cronaca: Claudio Neve
Editore: Editoriale Argo s.r.l. Via Principe Tommaso 30 – 10125 Torino | C.F.08313560016 | P.IVA.08313560016. Redazione Torino: via Principe Tommaso, 30 – 10125 Torino |Tel. 011.6669, Email redazione@cronacaqui.it. Fax. 0116669232 ISSN 2611-2272 Amministratore unico e responsabile trattamento dati e sicurezza: Beppe Fossati
Registrazione tribunale n° 1877 del 14.03.1950 Tribunale di Milano
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo..