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Il caso
11 Settembre 2024 - 07:30
Il liceo nel 2014, la scuola media entro il 2026. Ma non è escluso che gli studenti “scappino” prima, come hanno già fatto in tanti: dopo oltre 150 anni di vita, chiude un altro pezzo della storica Faà di Bruno. Colpa di un “buco” nei conti, del calo delle iscrizioni e di una scelta della Congregazione Suore Minime di Nostra Signora del Suffragio, che gestisce lo storico istituto paritario cattolico. Così, presto, rimarranno soltanto l’elementare e la scuola dell’infanzia a occupare le strutture fondate nel 1868 dal visionario Francesco Faà di Bruno (ordinato Beato proprio per il suo impegno educativo).
Lunedì sono ricominciate le lezioni e l’edificio di via Le Chiuse, quartiere San Donato, è decisamente più vuoto rispetto al passato. Ci sono tre classi, una seconda e due terze, la metà di quante ce ne fossero a giugno. É il risultato di un anno di tensione fra dirigenza, docenti e genitori, visto che già a ottobre la Congregazione aveva annunciato l’intenzione di formare una sola classe prima (anziché le solite due). Intanto, a quanto risulta, sono state aumentate le rette ed è stata "tagliata" l'offerta formativa, con la rinuncia allo spagnolo. Risultato, sono arrivate solo 9 iscrizioni nonostante ci fossero una 40ina di bambini in uscita dalla quinta elementare della scuola. Troppo pochi per formare una classe. E allora niente nuova prima. E una seconda anziché due perché, visti i chiari di luna, metà degli alunni si sono trasferiti altrove.
Alla fine insegnanti e genitori hanno ricevuto la mazzata: la scuola rimarrà aperta soltanto per concludere l’attuale ciclo di studi. Quindi si chiuderà a giugno 2026, sempre che ulteriori rinunce non costringano ad anticipare i tempi. Nel frattempo, tra dimissioni, mancati rinnovi e taglio del monte ore, una 15ina di insegnanti ha dovuto cercare lavoro altrove.
Ora, con il nuovo anno alle porte, rabbia e delusione sono esplose da sotto il colorato campanile di via Le Chiuse, uno degli edifici più curiosi e alti di Torino con i suoi 83 metri. Progettato proprio da Faà di Bruno, è il simbolo di una scuola che da decenni è una istituzione nel quartiere San Donato. Ma che da tempo faceva i conti con problemi economici che le rette degli studenti non riuscivano più a coprire.
Stando a famiglie e docenti, la colpa sta soprattutto nelle scelte della Congregazione: «Avrebbero potuto salvare la scuola, invece hanno deciso che era diventata una zavorra invece che una risorsa» accusano.
Replica la direttrice del Faà di Bruno, suor Luisa Dacome: «Non potevamo fare altro, veniamo da una sofferenza economica che dura da molti anni. La media non riusciva a sostenersi dal punto di vista finanziario e la Congregazione doveva intervenire con risorse proprie». A quanto ammonta il "buco"? «Non conosco la cifra precisa, se ne occupa la sede centrale a Roma». Di certo, c'è il risultato: «Per noi è stata una scelta dolorosa e tutt'altro che facile. Sappiamo che è una perdita importante anche per il quartiere ma abbiamo dovuto arrenderci, anche per salvaguardare la scuola dell'infanzia e la primaria. Altrimenti si rischiava di chiudere tutto». Ma, una volta "liberate" le classi della media, che ne sarà degli spazi rimasti vuoti? «Siamo aperti ad attività ad altri istituti, anche diverse dalla scuola. Magari in ambito sanitario, ma sicuramente non una casa di riposo».
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