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VALENCIA
01 Novembre 2024 - 18:42
Valencia è sommersa. Non solo di acqua e fango, ma di storie interrotte, di vite spezzate, di una tragedia che i valenciani speravano di non vedere mai più. Più di duecento morti, identità sconosciute, corpi ammassati nei parcheggi, treni e autostrade bloccate come vene occluse. Un obitorio improvvisato alla Fiera di Valencia, salme su salme in attesa di un nome. Nel centro città gli abitanti si sono salvati per miracolo, protetti da quei cinque chilometri che li separano dal disastro, ma per molti di loro la vita si è fermata: senza acqua, senza luce, senza risposte.
Roberto, un torinese a Valencia da 25 anni, parla di una psicosi che ha svuotato i supermercati: "Sembra di essere in un altro posto. Da noi qualche problema con internet, ma niente di serio rispetto a quello che succede lì". Eppure la paura è contagiosa, anche dove i danni sono più lievi. La solidarietà, però, tiene a galla la città. Roberto racconta di raccolte spontanee di cibo e acqua, anche dalla comunità italiana, che si è fatta subito avanti. E mentre 1.700 soldati raggiungono i luoghi della catastrofe, la ministra della Difesa Margarita Robles avverte: "Ci sono veicoli accatastati l'uno sull'altro, e potrebbero esserci persone vive lì dentro". Parole che gelano.
Intanto, nelle piazze di Picanya, uno dei centri più devastati, migranti di ogni provenienza si sono messi ai fornelli per sfamare chi ha perso tutto. Cibo siriano, venezuelano, georgiano, afghano: piatti per una comunità che non ha più nulla, preparati da sfollati che sono anche loro vittime dell'alluvione. Il loro hotel è stato invaso dall'acqua, ma hanno trovato la forza di convincere il proprietario a usare le dispense per aiutare i più colpiti.
"Appena fuori dalla città è tutto distrutto. Per due giorni niente soccorsi, solo volontari dal centro che arrivavano a piedi con viveri e attrezzi" racconta Magda, 23 anni, italiana che vive a Valencia. "Sono preoccupata, perché non stanno ricevendo l’aiuto necessario". In queste parole c’è il dramma di una città dove le istituzioni, come spesso accade, sembrano arrivare troppo tardi. E l’amara ironia è che a Valencia la "gota fria" – la temibile perturbazione che gonfia i fiumi e rende il clima ostile – non è certo una novità. 1957, 1982, poi ancora cinque anni dopo, e l'ultima volta nel 2019. Un copione che si ripete, un’allerta ignorata.
Chi protesta sui social grida al cambiamento climatico, alla "Dana" (Depresión Aislada en Niveles Altos), il fenomeno atmosferico che soffoca Valencia sotto metri d'acqua. Forse è colpa del riscaldamento globale, forse è solo il ciclo inesorabile della natura. Ma, intanto, la città affoga, e insieme a lei affoga anche il mondo di chi ha perso tutto.
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