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CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE
23 Novembre 2024 - 19:15
All’ingresso del carcere, ben visibile da lontano, una panchina rossa, una distesa di scarpe rosse e un totem con una frase che non lascia indifferenti: “Nessuno sa il silenzio quanto rumore fa”. Sono questi i simboli di una giornata che non vuole essere solo un atto di ricordo, ma un grido di speranza, di denuncia e di cambiamento.
E poi dentro la biblioteca del braccio femminile, dove l’aria è carica di emozioni contrastanti. Qui si sta preparando un evento speciale legato alla lotta contro la violenza sulle donne. La giornata è stata organizzata dalla polizia penitenziaria, dietro il coordinamento della sovrintendente Monica Sardo. In questa stanza piena di libri ci sono donne ristrette, donne volontarie, donne agenti di polizia penitenziaria e tre uomini: un poliziotto, un musicista e un bambino di tre anni. È lì con sua madre, Aria. Sono in attesa di essere trasferiti all’Icam, la struttura del Lorusso e Cutugno dove si trovano le mamme detenute con i loro bambini. C'è anche la direttrice della Casa Circondariale, Elena Lombardi Vallauri.
Aria racconta la sua storia, fatta di anni di soprusi, minacce e violenze da parte del padre del suo bambino. "Ho denunciato dopo otto anni di botte. Se non facevo le cose che voleva lui...Mi mandava all'ospedale. Ora lui è lontano ma io pago le conseguenze e mi trovo qui. E quando la sera si chiude la cella, mi sento una nullità". La voce bassa, le mani strette tra loro "E adesso ho paura della gentilezza delle persone", confessa. Denunciare per Aria non è stato solo di un atto di coraggio: è una dichiarazione di lotta per se stessa e per suo figlio. "Mi ripetevo che sarei stata la ‘prossima Giulia’”, aggiunge, riferendosi al tragico femminicidio che ha scosso l’Italia. "L’ho denunciato per il bene di mio figlio", spiega, mentre il bambino, ignaro del peso delle parole della madre, disegna forme colorate di blu su un foglio bianco.
Nel frattempo, dall’altra parte della stanza, le docenti dell’istituto Gobetti di Rivoli, Erica Sini e Gabriella Nembo, leggono lettere di donne che sono sopravvissute alla violenza. Sono loro, insieme alla polizia penitenziaria, a organizzare questa giornata che vuole essere un atto di consapevolezza e di resistenza. "Non c’è mai una fine alla violenza fisica, psicologica ed economica", dice Erica Sini, mentre il dolore delle parole lette risuona forte nell'aria. "Ogni anno, lo stesso discorso in televisione: numeri sempre più alti, sempre lo stesso augurio ‘che sia l'ultimo’, ma non è mai l'ultimo".
Il musicista Aurelio Mancon e la voce di Mia Martini riempiono l’atmosfera, mentre il suono delle note si intreccia con le parole di chi, come Mara, sente il peso di un fenomeno sempre più allarmante. "I femminicidi in aumento fanno parlare, parlare e basta", dice Mara, con il tono deciso di chi ha visto troppo e non intende più tacere. "La vera emergenza è la violenza sulle donne, ma pensano solo a punire e non a educare", aggiunge, mentre si chiude nella sua giacca rossa. I capelli scuri legati, la schiena dritta, Mara guarda dritto negli occhi: "Sapete cosa non dice nessuno? Che le donne che intraprendono un determinato stile di vita spesso sono vittime. Sono abituate a una cultura di violenza”.
Intanto, Aria continua a raccontare la sua esperienza, consapevole del suo errore, ma anche della forza che ha trovato nel denunciare: “Ero innamorata. Ho sbagliato.”. Il piccolo le corre incontro, orgoglioso del suo disegno, e lei lo bacia con dolcezza.
Costanza, con il suo maglione rosa disegna un paesaggio con un sole luminoso in un angolo del foglio. Lei dice che la violenza è tutte quelle volte in cui qualcuno non la lascia esprimere. Angela lascia un pensiero che le brucia nel cuore su un cartoncino giallo: "Spero di tornare libera al più presto per tornare a fare la mamma". Le loro parole, i loro disegni, diventano un manifesto di libertà e di speranza. "L’amore è condivisione, no sottomissione", è scritto su un cartello che è stato creato da Angela.
E chissà se anche dall'altra parte del cortile, dove ci sono le sezioni per i detenuti maschili, in questi giorni di massima attenzione mediatica si sta svolgerà un evento simile. Si parla spesso dell'importanza dell'educazione degli uomini su un tema così delicato. Fuori, Emiliano, un agente penitenziario, si mette in posa solenne davanti all'installazione. Poco dopo al suo posto arrivano la direttrice, la comandante Mara Lupi e la sovrintendente Monica Sardo, insieme alle organizzatrici dell'evento e a parte - anche maschile - del personale di polizia.
Alla fine dell’evento, un grande cartellone con i loro fogli colorati pieni di parole e pensieri e le firme di tutte le partecipanti verrà appeso come segno tangibile di un impegno condiviso. Ma quando si esce, è impossibile non fermarsi a leggere un pensiero appiccicato sul muro della biblioteca: "Le favole non dicono ai bambini che i draghi esistono, perché i bambini lo sanno già. Le favole dicono ai bambini che i draghi possono essere sconfitti".
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