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Economia & Territorio
03 Aprile 2025 - 16:50
Un conto da un miliardo di euro, di cui la metà solo su Torino. Ma, nella realtà, l’impatto dei dazi USA sull’economia piemontese potrebbe essere inferiore: questo perché - ed è qui il paradosso - il nostro export finirebbe con il calare drasticamente, dunque anche il calcolo percentuale di quel 20-25% deciso dal presidente Trump potrebbe essere inferiore.
Per capire che cosa ci si può aspettare, bisogna prendere come base il valore dell’export dell’Italia verso gli Stati Uniti nel 2024: circa 65 miliardi, di cui quasi un terzo - il 26,8% - dal settore della meccanica, seguito dal chimico-farmaceutico e dall’alimentare. Partendo da qui, il conto sarebbe di 13 miliardi di dollari: per il Piemonte, che vale l’8% del Pil nazionale, diventa appunto un miliardo, di cui la metà appunto su Torino.
«Ma è un conto della serva» si lasciano sfuggire in ambienti confindustriali a Torino. Perché, quasi fisiologicamente, nel 2025 l’export verso gli Usa franerà. Antonio Baravalle, CEO di Lavazza (che ha chiuso il 2024 con ricavi per 3,35 miliardi di euro e sul cui bilancio il mercato USA pesa per il 16%) ha detto che «questo sarà l’anno più difficile, anche peggio del periodo del Covid». Export minore, dazi minori. Ma maggiore l’impatto totale sull’economia.
Anche perché i settori sono strettamente correlati: se di primo impatto Stellantis ferma la produzione in Canada e Messico, ne risente tutta la filiera (anche negli Stati Uniti stessi) delle forniture. Ma una parte è anche qui in Italia...
«Era una promessa elettorale che purtroppo è diventata
realtà - sono le parole di Marco Gay, presidente dell’Unione Industriali di Torino -. E avrà impatti economici e sociali preoccupanti e rilevanti per l'Europa ma anche per gli Stati Uniti».
Come detto, per il momento negli ambienti industriali e finanziari le stime sono premature. «Certamente parte dei dazi si riverserà sul prezzo finale dei prodotti - dice Gay -, portando facilmente a una riduzione dei commerci e sicuramente ad un ribaltamento sul consumatore finale con successiva spinta inflattiva». «La risposta può essere solo europea - conclude Gay -. Gli Stati Uniti sono stati, sono e dovranno essere un partner importante per il nostro territorio, il nostro Paese oltre che per l'Europa, e l'auspicio è che questa certezza non venga tragicamente compromessa. È il momento della diplomazia ed è il momento di evitare una disastrosa spirale».
A cominciare da una tentazione di opporre dazi a dazi. «Il nostro è un territorio industriale protagonista delle filiere mondiali, e questo patrimonio è da proteggere e far crescere e la risposta deve essere nella libera concorrenza e negli investimenti non nella ricerca di chiusura e protezionismo».
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