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Il Borghese
04 Aprile 2025 - 05:50
C’è chi, aspettando una risposta dell’Asl, è morto. Ma non come, e quando, avrebbe voluto. Sembra una situazione paradossale, legata al triste fenomeno delle liste d’attesa: invece questa volta riguarda il fine vita, ossia il diritto invocato dalle persone di porre fine alle proprie sofferenze, se malate terminali o in condizioni che le privano della dignità stessa del vivere. E in Piemonte tre persone hanno chiesto l’autorizzazione a morire. Ma la risposta non è arrivata, finché sono morte.
A raccontarlo è l’Associazione Luca Coscioni, dopo una serie di accessi agli atti in tutte le Regioni italiane per ottenere informazioni sulle richieste di suicidio assistito giunte alle aziende sanitarie dal 2020 a oggi, «ovvero da quando con la sentenza 242/2019 (Cappato - Dj Fabo) la morte volontaria assistita è legale in Italia a determinate condizioni».
Undici Regioni - Piemonte, Veneto, Lombardia, Liguria, Emilia-Romagna, Marche, Abruzzo, Bolzano, Sicilia, Calabria e Campania – hanno risposto alla richiesta, fornendo dati, seppur con livelli di dettaglio differenti. In tutta Italia sono state 51 le richieste di suicidio assistito, «con esiti variabili tra approvazioni, dinieghi e procedure in corso». Tre di queste erano di malati piemontesi, che sono deceduti nel corso dell’iter di verifica delle condizioni, «durante la lunga attesa che, in assenza di una legge che definisca tempi certi del percorso, precede la decisione delle Asl».
I membri dell’associazione contestano la mancata emanazione di una legge sul fine vita e chiedono al presidente Cirio di «riaprire il confronto garantendo risposte tempestive a chi chiede libertà e rispetto nel momento più difficile».
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