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IL CASO

A un mese dalla riapertura del Cpr i detenuti sono 57: disordini e scioperi della fame

Due aree sono in funzione, la terza è quasi pronta. «Un solo litro d’acqua al giorno»

A un mese dalla riapertura del Cpr i detenuti sono 57: disordini e scioperi della fame

A un mese esatto dalla sua riapertura, il Cpr di corso Brunelleschi adesso ospita 57 persone divise in due aree: quella “viola” e quella “bianca”.
Una terza area, la “blu” dovrebbe essere presto pronta all’accoglienza di altri ristretti. Dal primo giorno in cui ha riaperto le porte, il Centro è stato, come prevedibile, teatro di problemi: diversi “ospiti” hanno denunciato maltrattamenti, raccontato di porzioni di cibo misere, la mancanza del riscaldamento: e ancora «solo un litro d’acqua potabile al giorno».


Dopo pochi giorni dalla riapertura, i detenuti hanno scioperato: tre giorni senza mangiare. Proteste che hanno portato a un cambiamento solo parziale: l’area bianca ha ancora fredde temperature e l’acqua calda dicono che non funzioni. Le persone detenute hanno descritto le giornate come un inferno che «non passa, non facciamo nulla dentro tutto il giorno». Le persone che vengono portate al Centro arrivano da altri cpr, altri sono stati trasferiti dalle carceri delle Vallette e di Ferrara. Ma non solo: qualcuno viene identificato in strada e quando risulta irregolare, trasportato appunto in corso Brunelleschi.
Chi è stato dentro “per qualche ora” racconta di un dispiegamento importante di forze dell’ordine. Ci sono poliziotti, carabinieri e a volte anche dei finanzieri, pronti a garantire non ci siano disordini. Presenti anche, a due per volta, i vigili del fuoco: stanno in un gabbiotto predisposto, pronti a intervenire in caso di necessità.


Più della metà dei ristretti prende, quotidianamente, farmaci: molti sono calmanti e vengono somministrati, tutti, all’interno del locale che è a uso infermeria. Dormono in stanze da sei persone, con letti a castello che sono inchiodati al pavimento: giacigli di ferro dove non è permesso avere coperte di stoffa -nè lenzuoli- per evitare tentativi conservativi. Ad ogni stanza viene dato un cellulare: la connessione a internet non è disponibile eccetto per un’applicazione, quella di whatsapp. Tutti i dispositivi sono privi di fotocamere, a disposizione dei detenuti dalle 10 del mattino alle 18. Le persone ristrette attualmente provengono dal Bangladesh, Egitto, Marocco, Pakistan: ci sono anche tunisini e nigeriani. Una testimonianza diretta racconta di un uomo che è stato “liberato” 45 giorni prima del fine pena dal carcere di Cuneo. Pensava di poter tornare nel mondo dei liberi, invece è stato trasportato in corso Brunelleschi.

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