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IL FATTO
12 Febbraio 2025 - 16:58
Gianluca Vitale, Djenabou e Thierno Balde partecipano alla conferenza stampa "No Cpr: verità e giustizia per Moussa Balde" presso La Fabbrica delle E. Torino
E' iniziato oggi, al tribunale di Torino, il processo che vede accusati l'ex direttrice e il responsabile medico del Centro di Permanenza per il Rimpatrio (Cpr) di corso Brunelleschi per la morte di Moussa Balde, un giovane migrante di 22 anni trovato senza vita nel centro di detenzione nel maggio del 2021. La famiglia di Balde partecipa al procedimento come parte civile.
Il processo è stato preceduto da una testimonianza di Thierno Balde, fratello della vittima: "Lo Stato è responsabile per la morte di Moussa. Il sistema del Cpr è ingiusto e io, da questo processo, mi aspetto giustizia". Accanto a lui, presente anche la madre Djenabou, che ha ricordato con dolore i sogni del figlio, arrivato in Italia dalla Guinea per migliorare le condizioni della propria famiglia. "Voleva solo aiutare la nostra famiglia, non aveva fatto nulla di male".
Djenabou e Thierno Balde
Moussa Balde, arrivato in Italia senza documenti, era stato trasferito al Cpr di Torino dopo essere stato identificato a Ventimiglia, dove aveva subito una violenta aggressione. Il 23 maggio 2021, nel centro di corso Brunelleschi, il giovane fu trovato morto a seguito di un gesto volontario. Le circostanze che hanno portato alla sua morte e la gestione del caso all'interno della struttura sono al centro dell'inchiesta.
La famiglia di Moussa è assistita dall'avvocato Gianluca Vitale. In aula, erano presenti anche alcuni attivisti, tra cui membri dell’associazione Frantz Fanon, l'Associazione Studi Giuridici sull'Immigrazione (ASGI) e il Garante per i Diritti dei Reclusi, che hanno ribadito l’importanza di una riflessione sulle attuali condizioni dei Cpr e sulla gestione dei migranti irregolari. La vicenda ha anche richiamato l'attenzione su un altro caso simile: quello di Ousmane Sylla, un giovane morto nel Cpr di Ponte Galeria a Roma nel 2024. Il dibattimento, che ha visto l’inizio della fase preliminare, è stato aggiornato a settembre 2025, quando inizieranno le udienze vere e proprie. Fuori dal tribunale, alcune decine di attivisti anarchici hanno organizzato un presidio in segno di solidarietà.
L'INCONTRO DOPO IL TRIBUNALE
Dopo l'udienza al Bruno Caccia, i familiari di Moussa Balde si sono recati alla "Fabbrica delle E", dove era stato organizzato un punto stampa. Con grande emozione, Thierno Balde, fratello di Moussa, ha dichiarato: "Chiediamo che la giustizia sia resa alla nostra famiglia, giustizia per i nostri figli e fratelli, ma anche per i figli e i fratelli di tutti, perché non succeda più. Allo Stato italiano chiediamo sincerità, trasparenza e alla giustizia che ascolti tutte le testimonianze e i fatti e si renda conto di come ci hanno mentito e di come trattano le persone che mettono in questi centri di detenzione".
Accanto a Thierno, la madre Djenabou ha ripercorso la storia del figlio, un ragazzo di 22 anni che, arrivato in Italia dalla Guinea, aveva solo desiderato migliorare la propria vita e quella della sua famiglia. "Era fiero di essere in Italia e di aver imparato l’italiano" ha raccontato la madre. Thierno Balde ha poi sottolineato ancora: "Tutti devono capire che siamo esseri umani e dobbiamo vivere insieme, non importa il colore della pelle. Se qualcuno va in un Paese per cercare un futuro migliore, bisogna accoglierlo e avere una politica di accoglienza".
L'incontro, promosso dalla Rete Torinese No Cpr, ha visto anche la partecipazione della sorella di un altro migrante, Ousmane Sylla, che si è suicidato nel Cpr di Ponte Galeria a Roma nel 2024. Mariama Sylla ha ricordato il fratello: "Aveva un suo progetto, non aveva fatto niente di male. Chiediamo non solo giustizia, ma verità. Chi lascia il proprio Paese non lo fa per fare del male, ma con delle speranze, con i propri percorsi". Le parole di Mariama si sono mescolate alla rabbia per la continua esistenza dei Cpr, nonostante le tragedie che vi si consumano. "Malgrado le morti e le ingiustizie, i Cpr continuano ad esistere. Noi continueremo a lottare per tutti i migranti alle frontiere e per quelli nei Cpr", ha aggiunto.
L’avvocato Gianluca Vitale, che assiste la famiglia di Moussa nel processo, ha evidenziato un punto fondamentale: "Nel processo per la morte di Moussa Balde manca un pezzo. È un processo a due persone, ma credo debba essere un processo al Cpr". Vitale ha sottolineato la responsabilità sia individuale che istituzionale nella morte del giovane migrante e ha aggiunto: "L’obiettivo del processo è far venire alla luce la verità, perché tutto questo non deve succedere più". Il legale ha anche espresso la speranza che la verità giudiziaria possa portare alla chiusura di tutti i Cpr, per evitare che altre vite vengano spezzate da un sistema che, secondo lui, ha fallito.
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