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L'allarme

«In Piemonte mancano pediatri e letti negli ospedali»: la Corte dei conti "bacchetta" la Regione

Il rapporto dei giudici contabili dipinge un quadro a tinte fosche: ecco perché

«In Piemonte mancano pediatri e letti negli ospedali»: la Corte dei conti "bacchetta" la Regione

Posti letto ridotti, pochi pediatri rispetto ai bambini, troppi gettonisti. E ancora, ritardi nel recupero delle prestazioni bloccate dal Covid, pochi spazi per l'attività libero-professionale e solo tre Case di Comunità attivate in tutto il Piemonte: la Corte dei conti non risparmia critiche sulla sanità nel suo "referto" inviato a Regione e aziende sanitaria, partendo dalla situazione del 2022 e allargando lo sguardo fino al 2025.

Le oltre 200 pagine di analisi, da cui è esclusa la Città della Salute perché soggetta a piano di rientro, offre «un quadro articolato e complesso, evidenziando luci e ombre nella gestione delle risorse e nell’erogazione dei servizi sanitari». Uno dei primi elementi messi in luce riguarda la distribuzione dei posti letto negli ospedali, descritta dai giudici come «disomogenea sul territorio». Ma il risultato finale è negativo, alla faccia di quanto promesso dopo la pandemia: «A fronte di un calo demografico generalizzato, si registra una riduzione dei posti letto, parzialmente compensata dall’apporto delle strutture accreditate - prosegue la Corte, che poi concede un barlume di speranza - Tuttavia permane una prevalenza di posti letto pubblici, segno di una sanità ancora fortemente ancorata al sistema pubblico». Tra i dati che saltano all'occhio, sicuramente quelli legati ai medici gettonisti, dove nel 2020 la spesa è stata circa di 21 milioni di euro e nel 2022 ha sfiorato i 50 milioni.

Sul fronte dell’assistenza territoriale, i giudici contabili parlano di «criticità significative». Perché, se il numero medio di assistiti per i medici di famiglia rientra nei limiti previsti, la situazione è ben diversa per i pediatri: «In molte realtà superano ampiamente i massimali nazionali. Inoltre la carenza di personale sanitario ha spinto le aziende sanitarie a ricorrere a contratti di servizio e all’impiego di medici “gettonisti”, con un conseguente aumento dei costi e una minore capacità di controllo sulla qualità delle prestazioni».

La Corte si sofferma poi sulla gestione delle attività libero-professionali intramurarie: «La mancanza di spazi adeguati ha portato molte aziende sanitarie a stipulare convenzioni con strutture esterne, generando in alcuni casi disavanzi economici. Però è stato rispettato il principio della prevalenza delle prestazioni istituzionali rispetto a quelle a pagamento, salvo rare eccezioni». Resta il problema delle prestazioni non erogate durante la pandemia, che non sono state recuperate come promesso (nonostante un Piano operativo regionale). Anzi, i tempi di attesa sono più lunghi che in passato: «Solo due aziende hanno superato i volumi di ricovero del 2019 e nessuna ha raggiunto i livelli pre-pandemici nell’attività ambulatoriale. Particolarmente critici sono i dati relativi ai tempi di attesa per le prestazioni ambulatoriali urgenti e differibili, che in molti casi risultano peggiorati rispetto al 2019».

Infine i giudici riflettono sull’attuazione degli interventi previsti dal Pnrr - Missione 6 “Salute”, che «procede a rilento». Si legge nella nota conclusiva: «Le risorse erogate sono contenute e solo tre aziende hanno attivato le Case di Comunità, a causa di ostacoli burocratici che rallentano l’esecuzione dei progetti. In conclusione, il quadro delineato dalla Corte dei conti evidenzia una sanità regionale alle prese con carenze strutturali, difficoltà organizzative e sfide complesse. Tuttavia, il referto rappresenta anche un’opportunità: quella di ripensare il sistema sanitario piemontese in chiave più efficiente, equa e sostenibile, valorizzando le risorse disponibili e affrontando con decisione le criticità emerse».

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