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27 Agosto 2025 - 20:35
Nosiglia con i dipendenti Embraco
Agli operai diceva: «Non smettete di lottare». Ai nomadi portava doni e cioccolatini. E pregava nelle case popolari dove si consumavano i drammi della solitudine. Cesare Nosiglia era la voce degli ultimi. Degli operai senza lavoro, delle persone emarginate, di coloro che il futuro non lo vedevano roseo ma a tinte fosche. Lui, che grazie a una “deroga” di Papa Francesco era rimasto arcivescovo di Torino tre anni più del dovuto, ma che per questa concessione non era potuto diventare cardinale, a beneficio invece di Repole. La voce dell’Embraco. Perché Nosiglia era l’arcivescovo che si era presentato ai cancelli dello stabilimento di Riva di Chieri, incontrando, stringendo mani e confortando tutti i quasi 500 dipendenti che rischiavano il posto di lavoro. Era il dicembre 2019. Mentre nel luglio 2020, quando era stato decretato il fallimento della Ventures, società che aveva rilevato l’Embraco, Nosiglia aveva dichiarato: «E’ un fallimento che tocca tutti». E lui, che di operai era figlio, quel fallimento lo comprendeva bene. Così come non aveva esitato a provare «vergogna» per la tragedia di via Genova (l’incidente del 18 dicembre 2021 con il crollo della gru e la morte di tre operai) affermando che «non siamo ancora capaci, come società civile, politici e legislatori, di mettere la sicurezza della vita al primo posto, in ogni campo di attività».
Ma Nosiglia in pellegrinaggio andava anche nelle case Atc. Due le visite, in via Sospello, uno dei complessi più problematici di Torino. Nel gennaio 2018 l’arcivescovo aveva dichiarato: «Basta drammi della solitudine», riferendosi alle troppe morti che avvenivano, nel silenzio, tra le mura degli alloggi popolari. E in via Sospello era tornato nel 2021, in pandemia, per celebrare la messa di Pasqua nel cortile del complesso Atc. Inoltre l’arcivescovo pregava anche per i nomadi. Numerose le visite agli accampamenti di via Germagnano e strada dell’Aeroporto. Passeggiando tra montagne di rifiuti e colonie di topi, Nosiglia portava regali ai bimbi rom.

Un cardinale mancato. Sì, perché Nosiglia “porporato” non è mai diventato. Nel 2019, compiuti 75 anni, in base al Codice di diritto canonico avrebbe dovuto dare le dimissioni al Papa. Invece Francesco gli aveva concesso una deroga, facendogli continuare il mandato fino al 2022. Tre anni in più che avevano consentito a Bergoglio di trovare, nel frattempo, un nome più giovane per il cardinalato, scelta poi caduta su Repole.
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