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il caso

In una casa alla periferia di Torino i falsi Carol Rama: e il falsario patteggia

Con 250 opere contraffatte c'era un potenziale giro d’affari da 350mila euro. E l'uomo era un "insospettabile"

Alcuni falsi Carol Rama

Alcuni falsi Carol Rama

Vecchi fogli ingialliti, pastelli, pennarelli. Un piccolo laboratorio nella periferia di Torino e l’ambizione, o l’azzardo, di mettere in vendita disegni falsi, spacciandoli per degli originali di Carol Rama. Un uomo di mezza età, residente a Torino, senza precedenti artistici né accademici (e nemmeno penali) ha prodotto oltre 250 opere contraffatte attribuendole in gran parte alla celebre artista torinese scomparsa nel 2015 e, in misura minore, a Enrico Baj. Dopo mesi di indagine da parte dei carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale di Torino, e su disposizione della Procura, è arrivata la condanna: un anno e quattro mesi, patteggiati, con la confisca di tutte le opere false.

Un caso che ha fatto emergere un tema ancora poco discusso ma molto attuale: il rischio della contraffazione nel mercato dell’arte contemporanea, dove certificati, archivi, autenticazioni e “provenienze” sono strumenti fondamentali ma non sempre sufficienti. Tutto è iniziato nel 2022, quando i militari del Nucleo Tpc di Torino hanno notato alcune opere attribuite a Carol Rama messe in vendita da una casa d’asta lombarda. Le opere, benché coerenti con lo stile dell’artista, presentavano elementi di dubbio: soggetti ripetuti, tecniche imitate, ma nessuna certificazione valida. E’ quindi scattata la richiesta all’Archivio Carol Rama, costituitosi parte civile, che da anni si occupa di tutela dell’opera dell’artista. Il Comitato scientifico non ha avuto dubbi: i disegni erano falsi. Non copie dichiarate o omaggi, ma tentativi deliberati di imitazione, destinati a ingannare i collezionisti. E’ iniziata l’operazione “Olga”, i cui risultati sono stati diffusi ieri in via Po alla Fondazione Accorsi Ometto (dov’è in corso la mostra “Carol Rama - Geniale Sregolatezza”), illustrati dal maggiore Ferdinando Angeletti, con il direttore della Fondazione Luca Mana, il presidente dell'Archivio Carol Rama, Michele Carpano e in collegamento Giuliana Calcani, direttrice del Laboratorio del falso di Roma Tre.

«La pista portava a un torinese sconosciuto al mondo dell’arte, che aveva già messo in commercio almeno tre di quelle opere, indicandole come provenienti da “collezione privata”. Il giro di affari potenziale era di 350mila euro e il falsario aveva guadagnato - ha detto il maggiore Angeletti - qualche migliaio di euro. La Procura ha dato l’ok alla perquisizione nella casa e nel laboratorio dell’uomo». Risultato? Circa 250 opere contraffatte pronte per essere vendute. Alcune erano destinate a canali più strutturati, come le case d’asta, ma la maggior parte sarebbe finita nei mercatini, vendute a ignari acquirenti per cifre tra i cento e i 20mila euro.

L’uomo lavorava in autonomia con materiali scelti per dare alle sue opere un’apparenza di autenticità: carta d’epoca, strumenti di disegno vintage, tecniche che simulavano il tratto e lo stile di Carol Rama. Non si trattava di riproduzioni esatte, ma di variazioni su soggetti già noti, una strategia usata spesso per cercare di “aggirare” i controlli più superficiali.

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