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La Digos denuncia altri 15 anarchici, in totale sono 52 e la procura ha aperto un’inchiesta
27 Marzo 2023 - 11:07
Lo schieramento in centro città
Il piano per saccheggiare la città c’era e gli obiettivi degli anarchici erano ambiziosi. Un piano, però, che nelle ore precedenti la manifestazione di sabato, ha subìto almeno tre modifiche. La polizia sarebbe arrivata a questa convinzione dopo aver effettuato alcuni sequestri preventivi prima del corteo. Da quel poco che è trapelato, sarebbero stati trovati degli appunti, non vere e proprie mappe, ma certamente qualcosa di più di semplici scarabocchi che indicavano i luoghi dove i gruppi insurrezionalisti avevano intenzione di recarsi per diffondere panico e devastazione. Il primo tragitto, sul quale fin da subito (già da venerdì) i manifestanti hanno compreso che non potevano seguire, indicava come obiettivo il centro città, con il serpentone nero che avrebbe potuto percorrere corso Re Umberto, corso Vittorio Emanuele fino a Porta Nuova, oppure via Santa Teresa, piazza San Carlo e poi ancora la stazione. Queste vie, però, erano presidiate da plotoni di poliziotti e da mezzi con getti idranti. Arrivare subito ad uno scontro con la polizia per gli anarchici significava, terminare quasi subito la manifestazione. «Il vero obbiettivo - sottolinea un investigatore - era di carattere temporale: tenere la città sotto scacco il più a lungo possibile». Da qui il cambio di programma e la decisione di procedere lungo corso Siccardi e via della Consolata. Fingendo di voler raggiungere Porta Susa e il grattacielo di Intesa SanPaolo. Obiettivo anche questo “impossibile” perché sia via Cernaia (angolo corso Siccardi) e corso Galileo Ferraris apparivano pressoché impenetrabili. Tra finte e controfinte, mosse e contromosse, i leader degli agitatori avevano deciso il percorso (quello che poi è stato seguito) fin dalla mattina di sabato. Prova ne è il fatto che l’armamentario utilizzato per distruggere le vetrine (le bombe carta, i sassi, i bastoni e i martelli) erano stati nascosti da ore nei cassonetti lungo le strade che poi il corteo ha percorso. Da piazza Solferino i manifestanti sono partiti pressoché “disarmarti”, per poi fare rifornimento lungo la strada. «Sì, in piazza c’erano molti zaini - aggiunge un carabiniere che ha seguito questa come altre manifestazioni -, ma contenevano caschi, mascherine e il materiale necessario per la difesa dai gas lacrimogeni». Infine, sul piano delle indagini, c’è da segnalare che ieri la Digos ha notificato ulteriori 15 denunce (in totale sono 52) nei confronti di manifestanti identificati attraverso alcune immagini video di devastazione e violenza, girate durante il corteo. Il lungo, ma altrettanto rapido lavoro di verifica dei filmati, che potrebbe poi risultare come la prova necessaria per arresti differiti, non è concluso, se non in minima parte. E sempre ieri una prima informativa è stata trasmessa in procura dove è stato aperto un fascicolo penale (per ora contro ignoti). Un incartamento destinato ad arricchirsi di prove e di nomi e cognomi. Tra le possibili ipotesi di reato: devastazione, violenza privata, resistenza, detenzione di materiali esplodenti e atti ad offendere.
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