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BUONANOTTE

Laureati in pastorizia

Il commento di Manlio Collino

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Gregge di pecore aggredito in Val Chisone.

E così è partito in Toscana, nel Parco del Casentino, il primo corso di formazione per pastori, finanziato dalla Ue nell’ambito del ShepForBio, progetto per l’ambiente e l’azione per il clima. Seguiranno altri tre corsi, fino al 2027.


Ci son tanti modi per coniugare la necessità di spendere in qualche modo i soldi europei e la speranza di riavvicinare i giovani agli antichi mestieri all’aria aperta usando le parole magiche “ambiente, clima e bio”. Uno di essi è questo corso da guardafèie, gratuito e con alloggio garantito per gli “studenti”.

Che sono solo sei perché c’è il “numero chiuso” come a medicina, si accede per titoli (curriculum, esperienze precedenti, età, cultura generale, complesso fisico) e vocazione (valutata da un’apposita commissione di psicologi). Una roba seria, insomma. Tanto che per sei posti si sono presentati più di seicento candidati.

I sei prescelti faranno una prima parte teorica di lezioni in classe (immagino di zoologia, storia delle razze bovine ed ovine, botanica, igiene di stalla e d’ovile, elementi base di medicina veterinaria, genetica e altre simili bellurie) e uno “stage” di 30 giorni presso le “aziende del settore” (i marghé).

Qui dovranno alzarsi all’alba, sporcarsi le mani, spalare letame, mungere, condurre le greggi al pascolo senza metterle in pericolo, imparare a comandare i cani e a difendersi dai lupi. Insomma, fare i “servi pastori” digerendo tutto quello che teneva lontani i giovani da questo durissimo mestiere in via di estinzione.

Però adesso avranno, dopo un severo esame finale, il titolo. Il diploma. Il “pezzo di carta”. Tutta un’altra musica. Cò a fa sò fieul, madama? Ah, ch’a pensa: i son pròpe orgogliosa: a studia da bërgé.

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