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IL BORGHESE
29 Aprile 2023 - 07:00
Fumare deve essere una roba da boomer, almeno a scuola. Qualcosa che se va bene evoca il Venditti di «e spegni quella sigaretta», o il teddy boy con il pacchetto infilato nella manica arrotolata, oppure Homer Simpson liceale a fumare e guardarsi allo specchio assieme al migliore amico, per trovare l’espressione giusta da “uomini”. Eppure, nonostante il numero di fumatori minorenni sia calato vertiginosamente in dieci anni, la sigaretta a scuola, in tutte le sue declinazioni perché c’è anche l’e-cig, fa molti più danni di uno smartphone in classe. In Italia il 16% degli studenti tra 13 e 15 anni fuma regolarmente: per la maggior parte si tratta di ragazze.
Sono i dati della Global Youth Tobacco Survey (Gyts), coordinata dall'Istituto Superiore di Sanità e condotta ogni quattro anni su un campione di 13-15enni delle scuole italiane, quest'anno oltre 2mila. Eppure, il divieto di fumo in luoghi pubblici esiste e le norme sono piuttosto severe anche con i docenti che eventualmente si facciano beccare a cedere al vizio. E anche vendere sigarette ai ragazzini è vietato: eppure secondo questa ricerca un quattordicenne su quattro se le compra direttamente dal tabaccaio, senza che vengano mossi rilievi per la minore età. D’altra parte, l’unico vero dissuasore efficace è il distributore automatico che legge la tessera sanitaria...
Come prendere questi dati? Come un allarme sanitario - il fumo va combattuto in ogni modo, soprattutto fra i più giovani - o come uno sociale? Come un vizio non sradicabile o come una stagione di passaggio? Probabilmente sono domande che la scuola si pone da decenni, senza trovare risposte. Buttando lì, ogni tanto, un grido allarmato. Come fumo negli occhi, appunto.
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