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Dramma in corso Bramante

Le lacrime dell'uomo che ha preso a martellate il papà: "Ero esasperato dalla sua malattia"

Il giudice convalida il fermo di Raffaele Sergi

Il cortile dove è avvenuto il delitto

La polizia in corso Bramante 62

La tensione accumulata nel tempo che esplode, all’improvviso. Arma la mano di un figlio che afferra un martello e colpisce il padre, alla testa, più volte. Un raptus. E poi il vuoto della disperazione, con la consapevolezza che affiora lentamente di aver quasi ucciso un genitore, devastando allo stesso tempo la vita propria. E quella di un’intera famiglia.

C’è tutto questo, mescolato con la confusione di chi deve ancora chiarire bene dentro di sè come sia potuto succedere, nello sguardo di Raffaele Sergi quando si accomoda davanti al giudice in una stanza del carcere Lorusso e Cutugno. È accusato di tentato omicidio, l’udienza di convalida - in cui ribadisce la confessione già resa prima del fermo - è poco più che una formalità. E piange, davanti al giudice, quest’uomo di 45 anni che nelle foto in posa durante le battaglie (finte come le armi) di “softair” mostrava lo sguardo duro di un soldato, ma in realtà - dicono tutti, a partire dai vicini di casa, ancora sconvolti - è sempre stato «un pezzo di pane».

Un ragazzone che sabato scorso, verso le 10, ha aggredito in maniera feroce il papà Enrico, 71 anni, ex dipendente della Rai. Colpendolo con un martello che dice di aver trovato lì dove il cemento è rimasto intriso di sangue, vicino ai cassonetti dell’immondizia nel cortile della palazzina in cui entrambi abitano con la madre, in corso Bramante, accanto al cavalcavia. «Ero esasperato», ha spiegato ieri mattina, assistito dall’avvocato Fulvio Violo, al giudice che ha convalidato il fermo e confermato la custodia cautelare in carcere. Per due motivi: rischio di reiterazione del reato, e pericolo di una fuga che Sergi, però, ha negato di aver tentato.

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«Mi stavo andando a consegnare alla Polfer», avrebbe detto dopo che i poliziotti l’hanno fermato, mentre vagava in via Nizza. Aveva gli abiti insanguinati, lo stesso sguardo perso con cui si è presentato all’udienza, prima di raccontare da dove discende l’esasperazione di cui parla. Ossia dalla malattia del papà, che fino a qualche tempo fa era lucido, espansivo con tutti, a partire dai bambini a cui, proprio nel cortile in cui il figlio l’ha quasi ucciso, regalava libri. Ma poi tutto è cambiato. Nell’esistenza di Enrico si è insinuato l’Alzheimer. La vita della famiglia Sergi è stata sconvolta. Per la prima volta.

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