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05 Febbraio 2023 - 08:10
Il Piemonte è il Sahara d’Italia: lo dice il report settimanale dell’Osservatorio sulle risorse idriche dell’Anbi, l’Associazione dei consorzi di gestione delle acque.
I rilievi degli esperti mettono la nostra regione in cima alla classifica dei territori più aridi della Penisola. Peggio del Meridione, come fa notare Francesco Vincenzi, presidente di Anbi: «Ci sono più risorse idriche al centro e al sud. Una tendenza che continua a cogliere impreparato il Nord: lo dimostra il Piemonte, dove ci sono solo quattro invasi. Il Piano Laghetti ne prevede altri dieci, ci sono i progetti definitivi ed esecutivi ma mancano ancora i finanziamenti: permetterebbero di trattenere oltre 25 milioni di metri cubi d’acqua, garantendo irrigazione a quasi 17mila ettari di campagne». Opere come queste, secondo i calcoli di Vincenzi, costerebbero 10 miliardi in dieci anni: «Bisogna avere il coraggio di investire, come hanno fatto al Sud. Per questo sono più avanti: al Nord c’è sempre stata l’abitudine a togliere l’acqua piovana, ora bisogna trattenerla. Oggi recuperiamo l’11% dei 300 miliardi di metri cubi di pioggia: con quei fondi possiamo arrivare al 30% ma servirebbe il 50%». Un sogno per contadini piemontesi come Bruno Mecca Cici, presidente di Coldiretti Torino. Che si aggiunge al coro di chi, come Vincenzi, chiede che partano misure strutturali al più presto: «Se cambia il clima, bisogna cambiare anche l’approccio all’uso dell’acqua. Quella invasata per concessioni idroelettriche deve poter essere utilizzata per soccorrere alle coltivazioni nei periodi di grave siccità. Come accaduto l’estate scorsa con l’accordo tra Coldiretti e Iren, che ha permesso di rilasciare dalla diga di Ceresole una quantità di acqua sufficiente a superare il momento critico». Un’idea da ripetere e copiare: per questo l’associazione dei contadini chiede un confronto con i gestori delle 23 grandi derivazioni idroelettriche del Torinese, proprio per sancire l’uso plurimo delle acque.
«Bisogna partire al più presto con la progettazione di grandi opere idriche, come l’invaso di Combanera in val di Viù. Ma anche di piccoli invasi, sparsi sul territorio e realizzabili in tempi relativamente brevi. E dobbiamo rendere più facile la trivellazione di pozzi e pianificare tutte le opere che possono servire al riutilizzo agricolo delle acque. Se non ci sbrighiamo, ci troveremo impreparati come nel 2022: la siccità estiva potrebbe minacciare di nuovo le produzioni di cibo».
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