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L'inchiesta
12 Febbraio 2025 - 07:00
Da una parte c'è Report, che va all'attacco di un’eccellenza industriale torinese e la accusa di "caffè contaminato". Dall'altro lato si schiera Lavazza, cioè quell'eccellenza che si difende e non accetta le accuse provenienti da un operaio dello stabilimento di Gattinara, in provincia di Vercelli.
Secondo le affermazioni di Report, l’azienda torinese starebbe riciclando caffè proveniente da capsule e pacchi scartati dal processo produttivo, rimettendolo in vendita nei pacchetti da 250 grammi destinati ai consumatori: «Mai e in nessun caso accettiamo compromessi sulla qualità, né tantomeno immettiamo sul mercato prodotti potenzialmente rischiosi per la salute dei consumatori, come invece potrebbe lasciar intendere l'utilizzo del termine "contaminato" nel servizio televisivo».

Parola di operaio
L’operaio non si limita a ipotizzare: sostiene che questa pratica sia parte di una linea «ufficiosa» dello stabilimento, al punto che neppure «il padrone» Lavazza ne sarebbe al corrente. Il dipendente anonimo usa parole forti: «il caffè è contaminato», perché molte di queste cialde sono aperte o difettose, di conseguenza, il prodotto risulterebbe esposto all’aria. E rincara la dose: il macinato recuperato sarebbe un mix senza controllo di diverse qualità, compreso il decaffeinato.
Abbiamo chiesto a Lavazza di poter parlare con un loro dirigente per chiarire la posizione dell’azienda. Che ci ha aperto le porte della sede di via Bologna, la Nuvola, ma ha scelto di non aggiungere dichiarazioni oltre alla nota ufficiale diffusa dopo la messa in onda del servizio di Report.
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Lavazza ha risposto punto per punto alle accuse, ribadendo che il caffè scartato non viene riutilizzato per il consumo umano, ma destinato a usi non alimentari, come la produzione di concimi o pellet. E ha chiarito anche un altro aspetto fondamentale: l'utilizzo del caffè recuperato è previsto solo in alcune ricette e sempre entro parametri rigidissimi, «nella percentuale variabili richieste dalla composizione della specifica miscela. al fine di mantenerne costante il profilo organolettico».
«Durante il nostro processo produttivo - spiega Lavazza - è prevista la possibilità di recuperare e riutilizzare caffè macinato perfettamente conforme ma confezionato in packaging difettoso, come pacchetti con errori di etichettatura o di contenuto netto di caffè». Tuttavia, e qui arriva la precisazione più importante, «qualsiasi prodotto il cui difetto comporti un’esposizione all’aria o un rischio per la sicurezza alimentare viene immediatamente scartato dal processo produttivo».
Quindi, altro che «caffè contaminato»: Lavazza parla di «rigorose procedure e controlli a totale garanzia della qualità e della sicurezza del prodotto», dove ogni passaggio è soggetto «a verifica da parte di enti terzi, come tutti gli impianti dei nostri stabilimenti».
Sindaco e sindacati
I segretari provinciali di Vercelli di Cgil, Cisl e Uil hanno preso le distanze, difendendo a spada tratta il marchio torinese: «Queste sono affermazioni gravi. Come gravi sono gli scenari che ideate, dove trova riscontro quello che lei ha detto? A noi risulta che sia tutto fatto a regola d’arte. Lavazza ha controlli rigidissimi e nessun laboratorio si è mai lamentato con noi di produzioni non a norma».
Ma a schierarsi in prima linea c’è anche la politica. Daniele Baglione, ex sindaco di Gattinara e figura di riferimento nel panorama locale, ha affidato ai social un commento durissimo: «È andato in onda su Report un servizio mistificatorio e diffamatorio sullo stabilimento Lavazza di Gattinara. Chi conosce lo stabilimento e le modalità in cui si opera al suo interno, guardando il servizio, si è trovato di fronte a un’incredibile mistificazione della realtà che, come spesso accade, produce quello che definirei un vero e proprio pattume mediatico prodotto con i soldi pubblici (cioè di tutti noi)».
Il post Facebook di Baglione prosegue con la difesa a spada tratta dell’azienda torinese: «A Gattinara ha sede uno stabilimento modello di Lavazza, costruito con anni e anni di costanti e innovativi investimenti. Qui lavorano 500 persone, in un ambiente dove la qualità, l’efficienza e il miglioramento continuo si respirano ovunque. È piuttosto evidente che il servizio andato in onda, anziché esaltare un processo virtuoso di economia circolare che evita sprechi di pregiato e costoso caffè, è stato manipolato per screditare l’azienda insinuando sospetti e creando un clima di “terrorismo” mediatico. Non è certamente cercando di infangare un’eccellenza del nostro territorio che si fa servizio pubblico e, soprattutto, prima di mandare in onda servizi simili, andrebbero quantomeno verificate con certezza le fonti e i sistemi di produzione (cosa che dubito fortemente sia stata fatta)».

Domande in sospeso
Il problema principale dell’inchiesta è che si basa interamente su una fonte anonima, senza fornire dati concreti, documenti o analisi di laboratorio. Il presunto “caffè contaminato” è mai stato analizzato? Sono stati coinvolti esperti indipendenti? Nulla di tutto questo viene chiarito nel servizio. E poi c’è il nodo della terminologia: Report usa il termine “contaminato”, come a lasciar intendere che il caffè in questione sia potenzialmente pericoloso per la salute. Per questo, Lavazza, ribatte con fermezza: «Tutti i prodotti, il cui difetto di packaging provochi un’esposizione del caffè all’aria o qualsiasi altro evento che possa inficiare la qualità o la sicurezza alimentare del caffè, vengono sempre esclusi durante la procedura di recupero e definitivamente scartati dal processo produttivo. Questo caffè, quindi, non viene mai recuperato. Le ricette di Lavazza sono da sempre contraddistinte dalla qualità che ha riscontrato il gusto e la fiducia dei consumatori in questi 130 anni di storia».
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